Fondo sovrano
per i risparmi

Recenti statistiche della Banca d’Italia ci dicono che nel 2020 i risparmi degli italiani (azioni, titoli, conti correnti e depositi) sono cresciuti di 45 miliardi di euro, raggiungendo i 4.445 miliardi. In particolare, i conti correnti sono risultati pari a 1.019 miliardi e, aggiungendo i depositi vincolati (441 miliardi), raggiungono i 1.460 miliardi, che rappresentano un terzo della ricchezza finanziaria delle famiglie. Polizze assicurative e fondi pensione sono anch’essi cresciuti fino a 1.122 miliardi, a conferma della contenuta propensione al rischio che ha caratterizzato le scelte nella gestione del risparmio in Italia.

Oggi, in presenza di una pandemia ancora drammaticamente in corso e che accresce giorno dopo giorno anche i propri effetti negativi sul piano economico e sociale, un «buon governo» dovrebbe porsi l’obiettivo di poter contare su questa enorme quantità di risparmi per rilanciare gli investimenti e, nel contempo, per costituire una buona fonte di reddito per gli stessi risparmiatori. Funzionale al raggiungimento di questo obiettivo potrebbe essere la costituzione di un Fondo sovrano italiano di cui Mario Draghi costituirebbe allo stesso tempo il regista e il garante. Fondi sovrani sono da tempo presenti in Paesi mediorientali, del sud-est asiatico ma anche in alcuni paesi dell’occidente. In Europa, Austria e Francia sono stati costituiti fondi sovrani pensati per convogliare risorse verso le grandi aziende nazionali, soprattutto quelle impegnate in settori strategici.

Uno dei più importanti è certamente il Fondo norvegese, non soltanto per la patrimonialità di circa 1.200 miliardi di dollari, ma per la qualità della gestione che, attraverso investimenti strategici e altri ampiamente diversificati in azioni e reddito fisso, consente mediamente rendimenti del 6%. La sua origine risale al 1969 quando, dopo la scoperta al largo delle coste norvegesi di uno dei più grandi giacimenti petroliferi al mondo, il governo decise di destinare le entrate che ne sarebbero derivate alla costituzione di un Fondo sovrano che avrebbe dovuto operare con cautela, salvaguardando i risparmi dei cittadini e il futuro dell’economia norvegese. Il Fondo sovrano italiano, seguendo le linee strategiche del Fondo scandinavo, non dovrebbe avere una natura emergenziale, come quella prevista per il «Patrimonio destinato» di Cassa depositi e prestiti varato con il «decreto rilancio» con una dotazione di 44 miliardi. Dovrebbe piuttosto perseguire obiettivi di medio e lungo periodo, finanziando grandi investimenti in settori produttivi e strategici dell’economia che siano in grado di stimolare e sostenere il rilancio del nostro Paese.

La sua costituzione potrebbe avvenire attingendo a risorse pubbliche stanziabili da Cdp e ad una parte dei fondi provenienti dal New generation Ue. A queste risorse potrebbe aggiungersi una consistente quota dei risparmi delle famiglie, che sarebbero stimolate dall’assenza di rischi dal raggiungimento di rendimenti più soddisfacenti degli attuali. Secondo Sestino Giacomoni, presidente della Commissione vigilanza di Cdp, «il Fondo italiano potrebbe raggiungere ben presto una dotazione superiore ai 500 miliardi attingendo a fondi pubblici e ad almeno il 10% dei 4.400 miliardi di risparmi privati». La gestione del Fondo potrebbe essere affidata ad una costituenda società, gestita da un amministratore delegato di certificata competenza e presieduta da un Consiglio di amministrazione costituito da professionisti in possesso di indubbi requisiti di moralità e di lunga esperienza maturata nei settori imprenditoriali e finanziari. L’attuale governo, che si è proposto di varare provvedimenti indirizzati soprattutto ad incentivare la ripresa e a garantire la tenuta del tessuto economico e sociale del Paese, dovrebbe riservare grande attenzione ad una iniziativa di questo tipo.

Draghi ha l’autorevolezza e la credibilità necessarie per indurre le famiglie italiane a diventare azioniste di un Fondo sovrano nazionale, che sarebbe in grado di valorizzare i loro risparmi e renderle protagoniste di una svolta epocale, orientata al sostegno e al rilancio della nostra economia.

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