Frequenza tragica, il pianeta non attende

IL COMMENTO. Chissà di che altro hanno bisogno ancora i negazionisti del cambiamento climatico generato dall’uomo per ravvedersi. L’Italia è divisa in due da un’apocalisse impazzita, mai vista nella storia. Si tratta di una fatalità anche in questo caso?

Al Nord nubifragi violentissimi, con gli elementi che si scatenano in una furia senza precedenti tra pioggia, chicchi di grandine come palline da golf, inondazioni, strade e piazze allagate, crolli di alberi e devastazioni di piante (a Milano tutti i parchi sono stati chiusi), con vittime e feriti. Al Sud sembra che l’inferno voglia prevalere sulla Sicilia e sulla povera Palermo, straziata come non mai dagli incendi e dalle nubi tossiche che si sprigionano in questo caso. Dobbiamo fermare quest’apocalisse prima che sia troppo tardi. Ma forse è già troppo tardi. Per chi non si arrendesse nemmeno davanti all’evidenza ci sono le risultanze scientifiche di molti enti mondiali, tra cui un’analisi del World weather attribution, l’organizzazione di scienziati che studia la correlazione tra eventi meteorologici e clima.

La verità è che l’Italia, complice la guerra di Putin e l’emergenza energetica che ha scatenato, continua a bruciare combustibili fossili, sprigionando CO2, ammorbando il pianeta e riscaldandolo sempre di più. Il passaggio alle energie «pulite» e rinnovabili è ancora troppo lento, difficile e complicato e l’energia atomica - anch’essa «pulita», di ultima generazione - gli italiani non la possono avere, a differenza dei francesi, perché l’hanno bocciata nei famigerati referendum post Chernobyl. In realtà il raffreddamento del Paese (e del Pianeta, naturalmente) è una delle priorità nazionali. Altrimenti dobbiamo prepararci ad altri eventi come quello cui stiamo assistendo: bombe d’acqua, riscaldamenti improvvisi, nubifragi, incendi più o meno dolosi, persino mari che raggiungono temperature da vasca da bagno.

Naturalmente ci sono anche i fenomeni naturali, quelli di sempre, a creare queste apocalissi improvvise. Non sono nate ieri, ne parlava già Plinio il Vecchio nel primo secolo dopo Cristo (il destino volle che ne rimanesse vittima con l’eruzione del Vesuvio). Ma quello che non si riesce a considerare è la produzione di anidride carbonica sulla Terra, l’utilizzo di petrolio e gas, che sono andati a sommarsi alle probabilità naturali di sempre. Le emissioni di gas serra hanno superato il livello di guardia, ci consegnano un Pianeta surriscaldato. Le ondate di calore, dicono gli scienziati, sono più lunghe, più improvvise e più frequenti proprio per questo. Ma c’è un’altra considerazione da fare. Ogni volta che si verifica un evento climatico l’Italia rivela tutta la sua fragilità. Accade quando esondano i fiumi oppure al contrario quando sono secchi per la siccità (come il Po dei mesi scorsi), quando la terra trema, quando gli incendi si mangiano migliaia di ettari di boschi, quando interi Comuni e città, come abbiamo visto in Romagna, sprofondano nel fango. Siamo bravi a soccorrere, anche a ricostruire, ma non a prevenire

Il piano anti dissesto nazionale giace in un cassetto del ministero dell’Ambiente dal 2010, da ben tredici anni. Sarebbe il caso di tirarlo fuori e dichiarare la messa in sicurezza del Paese come priorità nazionale. Ma proprio perché gli effetti si vedranno a lungo tempo, ben oltre una legislatura, ecco che la classe politica fa fatica a predisporre queste misure perché non produce consenso a breve termine. Eppure il clima è una questione che riguarda tutti, non è né di destra né di sinistra. Altrimenti prepariamoci alla prossima apocalisse.

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