Gas, un tetto al prezzo. Lo strappo tedesco apre una crepa in Europa

Il commento. Il recente vertice dei ministri delle Finanze ha negato la possibilità di creare un fondo comune per sostenere le economie dei Paesi membri dell’Unione Europea. In precedenza il primo ministro olandese Mark Rutte aveva concordato a Berlino con il cancelliere Olaf Scholz una linea comune: no al tetto del prezzo del gas e niente nuova emissione di titoli comuni a livello europeo.

Quasi in contemporanea il governo tedesco crea un fondo straordinario a sostegno dell’economia e delle famiglie tedesche per 200 miliardi di euro. Ai quali si aggiungono misure straordinarie per 95 miliardi. In tutto il cancelliere fa sapere che la somma complessiva ammonta a 295 miliardi. Alle proteste di alcuni commissari Ue, Paolo Gentiloni e Thierry Breton in testa, Scholz ha risposto che anche altri Stati hanno operato a sostegno delle loro economie. E quindi la parola egoismo è in questo contesto fuori luogo. Va rimarcato che a conferma del fatto che la Germania si muove a sistema ( ma anche la Francia lo fa) la presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è premurata a far sapere che sia Gentiloni che Breton parlano a titolo personale.

L’euro è percepito come una camicia di forza alla quale però non ci si può sottrarre. Molti in Germania vorrebbero sbarazzarsi dei Paesi considerati perdenti. Pesa il fatto che i loro debiti alla fine sono garantiti dall’unica potenza economica egemone in Europa. Ma uscire dall’euro non si può

La stampa tedesca imputa al governo di aver fatto debito e quindi di disattendere il vincolo di bilancio inserito nella Costituzione. Ma sul fatto che non si proceda in unità di intenti a livello comunitario nessuna parola. Quando si arriva al dunque nell’Europa dei tutti eguali alla fine decide il più forte. L’euro è percepito come una camicia di forza alla quale però non ci si può sottrarre. Molti in Germania vorrebbero sbarazzarsi dei Paesi considerati perdenti. Pesa il fatto che i loro debiti alla fine sono garantiti dall’unica potenza economica egemone in Europa. Ma uscire dall’euro non si può. Non è nemmeno previsto dagli accordi. Dovesse succedere, sarebbe la bancarotta per Italia, Spagna e Grecia. Per la Germania sarebbe anche una catastrofe. Per un’ economia votata all’export avere un retroterra dove piazzare i propri prodotti è vitale. Per questo è stato creato l’euro. Ha il grande vantaggio di aver eliminato le svalutazioni competitive.

Se ipoteticamente Berlino tornasse al marco o ad un Nord euro con i Paesi scandinavi, la rivalutazione scatterebbe e i prodotti tedeschi sarebbero così cari da far crollare l’export, quindi la produzione e i posti di lavoro

Circa il 60% della produzione tedesca finisce sui mercati europei dell’Ue. Se ipoteticamente Berlino tornasse al marco o ad un Nord euro con i Paesi scandinavi, la rivalutazione scatterebbe e i prodotti tedeschi sarebbero così cari da far crollare l’export, quindi la produzione e i posti di lavoro. È questa la grande motivazione a restare nell’Eurozona. Sono gli interessi della grande industria che segnano la linea politica dei governi tedeschi. Possono cambiare i colori, ieri cristiano democratici adesso socialdemocratici ma il risultato è lo stesso. Le grandi multinazionali tedesche devono essere protette dal rischio di recessione, ma soprattutto dalla possibilità reale di uscire dal mercato sopravanzate dalla concorrenza americana e cinese. Il gruppo tedesco Sixt che noleggia auto in tutto il mondo ha ordinato 100mila automobili elettriche non a Volkswagen ma al concorrente cinese. E non per domani. Deve aspettare fino al 2028. Decisiva però la qualità e soprattutto il prezzo.

Nella catena di alimentazione dell’economia europea la Germania è in testa e quindi comanda

Uno scenario che fa scattare l’allarme. Salvare la propria industria e al contempo impedire ai concorrenti europei di fare altrettanto è la mossa della disperazione ma anche della forza. Nella catena di alimentazione dell’economia europea la Germania è in testa e quindi comanda. Fino ad ora poteva permettersi il guanto di velluto di Angela Merkel. Per il governo di Roma la conferma che anche l’Italia deve imparare a fare sistema. Niente equivoci. Non vuol dire battere i pugni sul tavolo. Significa semplicemente capire che l’Ue è un grande campo di gioco con precise regole. Vince chi fa più goal.

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