I mercati finanziari e quelli rionali, le distanze da capire

Il commento. La fase economica nella quale stiamo entrando - come famiglie, imprese e in generale come Paese - non sarà facile da sopportare, non c’è dubbio, e a tratti è anche complicata da interpretare.

Se è vero che nei sistemi di mercato i prezzi svolgono la funzione di «segnali», cioè racchiudono e sintetizzano informazioni a beneficio di tutti, partiamo da questi elementi per provare a fare un po’ di chiarezza su una delle settimane più turbolente per le Borse mondiali. Prendiamo in considerazione i prezzi del pane e del petrolio. In Europa il prezzo del pane questa estate è arrivato ai massimi da decenni, mentre nel mondo la quotazione del petrolio negli ultimi sette giorni è scesa ai minimi da gennaio. Come interpretare andamenti simili?

Il pane, nell’Unione europea, costa in media il 18% in più rispetto a un anno fa; in Italia siamo un po’ più fortunati, visto che da noi l’incremento è stato «solo» del 13,5%. Magra consolazione, considerato che parliamo di uno dei beni di consumo base e che i rincari riguardano contemporaneamente altri prodotti a larga diffusione: burro (+32%), farina e altri cereali (+21,6%), pasta (+21%) e uova (+13,9%), solo per citarne alcuni. La miccia da cui è partita questa fiammata generalizzata dei prezzi, almeno nel Vecchio Continente, è stata il caro energia. Le quotazioni di gas, petrolio ed elettricità avevano già preso a salire dopo la fase acuta della pandemia, poi sono schizzate verso l’alto dopo l’invasione russa dell’Ucraina lo scorso febbraio; nel giro di qualche mese, gravando sui costi di trasporto e produzione/trasformazione dei beni, ecco che i rincari sono arrivati fin dentro i nostri carrelli della spesa. Anche negli Stati Uniti l’inflazione ha raggiunto livelli che non si registravano da quarant’anni, seppure per ragioni diverse, cioè un eccesso di «surriscaldamento» dell’economia tra aiuti anti Covid generosi e ripresa vibrante delle attività. Da qui la risposta decisa delle Banche centrali occidentali, prima fra tutte la Fed americana, che hanno iniziato ad alzare i tassi di interesse di riferimento - rendendo il denaro più costoso - per domare l’inflazione.

Cosa c’entra allora il prezzo del petrolio? E perché quest’ultimo è sceso, negli scorsi giorni, fin sotto gli 80 dollari al barile? Non è forse una buona notizia che anticipa la possibilità di fare un pieno di benzina spendendo un po’ di meno? Non esattamente. Il prezzo del petrolio sta scendendo rapidamente perché il mercato si attende che di greggio, nelle prossime settimane, ne sia richiesto sempre meno in quanto l’economia - soprattutto in Europa - appare destinata a una brusca frenata, se non addirittura a una recessione. Non ci sarà dunque una domanda così forte di benzina, cherosene, ecc., ed ecco spiegata la perdita di valore dell’oro nero. Tale frenata dell’attività economica è dovuta a tanti fattori, incluse l’instabilità geopolitica e la crisi energetica che investono l’Europa. Ma soprattutto c’è il timore che l’azione delle Banche centrali, progettata e attuata per domare i prezzi impazziti come quello del pane, finisca per alzare troppo il costo del denaro e congelare (per un po’) gli spiriti animali che fanno muovere il mondo.

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