I nonni italiani
in trincea

La prolungata chiusura delle scuole e il contestuale stallo socioeconomico legato al blocco monolitico del sistema Italia decretato dal governo, pone tra le tante gravose faccende anche quella legata alla gestione spazio temporale dei nostri bambini e dei nostri adolescenti. Molti sociologi e pedagoghi invitano a trasformare tale «brusca sosta sociale» in una sorta di «siesta famigliare». Sostengono, cioè, che l’invito coercitivo a restare il più possibile in casa per evitare il dilagare dei contagi, ci debba stimolare a riscoprire la bellezza dello stare in famiglia con grande semplicità, superando insieme le tante paure e le piccole e grandi fatiche legate ai ritmi ribaltatati.

In queste ore così strane e angoscianti ci viene da più parti riproposta la stilizzazione di un contesto familiare riconducibile a regole di condotta e valoriali univoche e chiaramente identificabili. Uno scenario di rimando neorealista, nel quale i nonni possono tornare ad assumere un ruolo di primo piano nel determinare, con il loro supporto materiale e sentimentale, le migliori condizioni casalinghe affinché i ritmi di vita sociali possano proseguire con il minor disagio possibile, compatibilmente con la precarietà di salute, psicologica e lavorativa che stiamo tutti subendo.

Il loro compito forse più utile è quello di mettere in campo l’esperienza di una vita per farsi «cantastorie» capaci di razionalizzare il diluvio di notizie allarmanti proveniente dai media, facendo sì che bimbi e ragazzi siano ben informati sull’importanza di seguire tutte le regole di prevenzione richieste (in primis quella di tutelare la salute dei nonni evitando eccessive vicinanze fisiche) senza tuttavia farsi prendere da scomposti allarmismi. Perché di questo si tratta. In queste ore in cui i contagi e gli altrettanti problemi del nostro sistema sanitario paiono evolvere in un crescendo rossiniano, un piccolo prezioso ruolo possono giocarlo anche i «nonni cantastorie». Uomini e donne che hanno vissuto decenni difficili, a tratti drammatici, ruvidi e austeri sia in presenza che in assenza di epidemie. Uomini e donne nel cui sangue scorre per definizione il valore del sacrificio e l’obbligo di un prodigioso scatto di ottimismo verso la vita, senza il quale il nostro Paese non sarebbe mai potuto uscire così decorosamente dalle macerie morali ed economiche del dopoguerra. Per di più i nonni di oggi sono ricchi d’inventiva e voglia di vivere, sono molto più attivi di un tempo e rappresentano per le nuove generazioni una continuità tra passato e futuro, tra esperienza e modernità.

Ci sono anche molti nonni che hanno scoperto internet non solo per migliorare la propria vita e per occupare meglio il loro tempo, ma soprattutto per stare più vicini ai nipoti. Il loro impegno, certamente non facile, è quello di ripristinare la simmetria sulla quale si basa da sempre la relazione educativa, arricchendola con le nuove dinamiche sociali e relazionali contemporanee: un adulto che insegna, un giovane che impara; un adulto che impara, un giovane che insegna. Anche quando i nipoti raccontano in modo concitato i loro piccoli grandi problemi che sorgono a scuola con compagni ed insegnanti, così come nella vita di ogni giorno. Tutto si rimpicciolisce quando viene tirato fuori, basta avere spalle larghe e un cuore grande come quello dei nonni. Il disorientamento collettivo di queste ore è sentir dire, con una certa rasserenata leggerezza, che a morire siano soprattutto gli ultraottantenni. Ancor più preoccupante sarebbe apprendere che questo a breve potrebbe avvenire perché, per mancanza di centri sufficienti di terapia intensiva, ci potrebbero essere operatori sanitari «obbligati» a scelte estreme, inaudite e anacronistiche, di selezione della specie.

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