I soldi dell’Europa
e le riforme
da sbloccare

La prossima riunione dei Capi di Stato e di governo dell’Ue, prevista per il 17 e 18 luglio, sarà incentrata sull’approvazione del piano «Next Generation Ue», detto anche Recovery Fund. La proposta arriva direttamente dal Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e prevede un investimento di 750 miliardi finalizzato a offrire alle nuove generazioni una concreta prospettiva di sviluppo sul piano economico e sociale. L’incontro servirà a confermare la visione strategica del piano incentrato su «Green Deal» e rivoluzione digitale e a stabilire a quali condizioni saranno disposti ad accettarlo i paesi «frugali» (Austria, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca), fino ad oggi favorevoli solo a prestiti. Una condizione favorevole è rappresentata dalla circostanza che dal 1° luglio la Germania ha assunto la presidenza dell’Ue e che Angela Merkel potrà adoperarsi, con la sua abilità negoziale, per la ricerca del compromesso. All’Italia arriverebbero 82 miliardi a fondo perduto e 90 miliardi come prestiti trentennali a tassi irrisori.

Le somme destinate all’Italia costituirebbero il 22% del Next Generation Ue, anziché il 10% di spettanza, in considerazione del fatto che siamo stati i più colpiti dalla pandemia. Oltre a tali fondi, potrebbero essere utilizzati 20 miliardi del fondo per la Cassa Integrazione (SURE), 20 per le garanzie dei crediti alle imprese e 36 del tanto inspiegabilmente controverso Mes per la sanità. Di fronte a questa enorme quantità di risorse è necessario porsi con un sano realismo. La Commissione eserciterà controlli periodici sull’impiego dei fondi, spostando il focus dal rispetto dei vincoli di bilancio allo stato di avanzamento di investimenti e riforme.

Il Governo dovrà essere in grado di presentare un programma di spesa coerente con l’obiettivo fissato dalla Commissione, che è quello di dare impulso alla digitalizzazione in ogni settore di attività e di puntare su grandi investimenti per la modernizzazione dei parchi immobiliari e delle infrastrutture critiche e per il risanamento dei territori nonché su investimenti ecologici riguardanti l’isolamento degli edifici, la riconversione di grandi e piccole imprese inquinanti, la costruzione di auto elettriche e di impianti con pannelli solari ed eolici. Dovremo procedere anche ad alcune importanti riforme - che da tempo l’Europa ci sollecita - quali: la giustizia, per rendere più celeri i processi civili e penali; la pubblica amministrazione per rendere più efficiente l’apparato amministrativo; il fisco per combattere evasione, contenere l’economia sommersa e abbassare le aliquote.

Sono riforme essenziali per ridare slancio all’economia, ma che le forze politiche, nonostante ricorrenti promesse, non sono ancora state in grado di attuare con incisività e univocità d’intenti. Realizzarle oggi sarebbe quanto mai urgente anche per contribuire al recupero dei 13 punti di Pil persi per la crisi pandemica, che il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha recentemente agitato come uno spauracchio, parlando di rischio tracollo che incombe sul paese. È la prima volta dalla sua nomina che il Governatore lancia segnali così preoccupanti al Governo e alle forze politiche.

Occorre dunque che il Parlamento abbia piena consapevolezza di questa grave situazione, adoperandosi per realizzare gli obiettivi d’investimento proposti dal Next generation Ue e per affrontare quelle riforme che ci renderebbero più credibili sul piano internazionale.

Invece, neanche a dirlo, siamo ancora una volta nel bel mezzo di una situazione politica che si caratterizza per una strutturale condizione d’instabilità governativa e per la presenza di un’opposizione ben lontana dall’assumere comportamenti responsabili e collaborativi.

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