Il dialogo contro la barbarie del male

Mondo. Abbiamo vissuto un anno che, dopo le dure esperienze della pandemia non ancora conclusa, ha visto il susseguirsi in ogni parte del mondo di guerre e di atti di terrorismo e di barbarie. Problemi geo-politici hanno alimentato disperati flussi migratori (103 milioni di rifugiati nel mondo) che hanno trovato il mondo occidentale impreparato a gestirli e in molti casi impegnato disumanamente a respingerli.

A questi drammatici eventi si è aggiunta, del tutto inaspettata, l’invasione russa dell’Ucraina che ci pone, oggi, di fronte al dramma di una popolazione che vede distrutto tutto quello che era riuscita a costruire faticosamente negli anni, che piange le tante vittime civili e militari e che assiste ad atti di barbarie di ogni tipo come inevitabile conseguenza del clima di odio di cui la guerra è portatrice. Dopo mesi in cui Papa Francesco si è eretto come punto di riferimento per la pace, abbiamo assistito commossi, durante l’omaggio alla Madonna in Piazza di Spagna per la festa dell’Immacolata, alla sua ennesima e struggente richiesta di cessazione della guerra.

Qualche tempo prima, nel suo viaggio in Bahrein per partecipare al «Bahrein Forum for Dialogue» del 3-6 novembre, in un toccante discorso ha invitato i tanti giovani convenuti a non dimenticare che «il dialogo è l’ossigeno per la Pace». Con questo messaggio ha ancora una volta ripreso l’insegnamento e il pensiero di San Francesco che si distinse nel campo religioso anche per aver indicato la «necessità del dialogo con l’Islam», mentre la Chiesa era impegnata in un’aspra lotta contro quell’avversario religioso. Il pensiero del Santo di Assisi, di cui il Papa non a caso ha preso il nome, ha rappresentato un suo riferimento primario nel costante impegno di rivolgersi ad una società nella quale il «dialogo» incontra sempre meno spazio. Basti pensare agli enormi problemi che si frappongono tra popoli (israeliani e palestinesi, ma non solo), tra religioni (cristiani e islamici), nel mondo islamico (tra sciiti e sunniti), tra credenti e non credenti. Il Papa ha inoltre sottolineato in più occasioni le difficoltà che il dialogo incontra ad affermarsi anche come scelta individuale e collettiva. Lo testimoniano gli enormi problemi che si frappongono tra i cittadini e tra i cittadini e i loro rappresentanti politici. Anche nella competizione politica viene sempre più a mancare il dialogo e il confronto sul modo di affrontare e migliorare le condizioni della società.

Esasperate esigenze di affermazione personale contribuiscono a creare nelle forze politiche un clima di sempre più aspra competizione, nella quale fa premio la delegittimazione degli avversari, piuttosto che una chiara e approfondita discussione sul diverso modo di affrontare gli interessi generali. Contribuiscono ad alimentare questa tendenza anche i potenti strumenti nelle mani dei mezzi di comunicazione i quali, per esigenze di ascolto, molto spesso vengono meno a quello che dovrebbe rappresentare il loro principale compito di alimentare il senso critico e l’indipendenza di giudizio, elementi indispensabili per la ricerca della verità. Ma la ricerca del dialogo è spesso ostacolata anche da nostri risentimenti, paure, passioni e pregiudizi, che inducono a rispondere alla violenza con altra violenza e non ci aiutano a riflettere e a ricercare le ragioni che l’hanno prodotta. C’è molto quindi su cui riflettere, mentre ci accingiamo a vivere un nuovo anno, per comprendere che resta a ciascuno di noi l’impegno di una profonda ricerca della verità. Di una verità intesa quale personale capacità di mettersi ogni giorno in discussione, sul lavoro, in famiglia, nelle relazioni sociali e di comunità, aprendo se stessi e le proprie illusorie categoricità all’unico strumento intellettuale e antropologico che da duemila anni accompagna, irrora e dà nutrimento alla nostra vita: l’avventura del dubbio.

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