Intanto in Borsa
qualcuno ride

Sono milioni le persone sole che le feste natalizie hanno fatto sentire ancor più sole. Anche giovani. Non per colpa di qualcuno se non del fatto che l’individualismo segna il nostro tempo. Lo spazio pubblico porta al raduno e sempre meno alla comunità. Si erode la condivisione degli umani destini. La pandemia porta ancor più ad essere circospetti e diffidenti. Il risultato è che la politica, primo riflesso della società, langue. In questo panorama di «tristesse» esistenziale vi è un solo luogo al mondo che celebra i fasti della rinascita: la Borsa.

Al Nasdaq 100 di Wall Street – che quota le società più performanti – la crescita è stata nel 2021 del 23,7%, la Borsa Italiana è cresciuta e fa meglio del Dax della Deutsche Börse di Francoforte che va al 12,7%. Le azioni prezzano il futuro e la finanza porta allegria là dove la pandemia deprime. Vi sono ragioni ben fondate per un rilancio così marcato dei mercati finanziari. È chiaro che l’investitore guarda già oltre l’emergenza del momento e non si lascia suggestionare dal presente. E il futuro arride perché già si colgono i segni dello sviluppo di settori chiave per la crescita: la biochimica e la digitalizzazione hanno marcato un grande balzo in avanti che la pandemia ha accelerato. Facebook segna un 35% in più, Amazon il 15%, Apple arriva al 43% e Microsoft la supera con il 61% mentre Netflix si limita al 25%.

Aumenti stratosferici se si pensa che veniamo da un anno nel quale il mondo intero è rimasto semiparalizzato. E poi la popolazione cresce anche se noi in Europa viviamo il calo demografico. La globalizzazione commerciale è un dato di fatto e per un’azienda è rassicurante sapere che i suoi potenziali clienti su tutto il pianeta sono cresciuti del’1,2% nel 2021. Tutte persone che devono mangiare, bere, vestirsi e anche nei più remoti angoli della terra disporre di uno smartphone.

E poi le banche centrali dei Paesi del G20 hanno fatto la loro parte e inondato il mercato mondiale di 9mila miliardi di dollari, dei quali 750 coperti dalla Banca centrale europea. Denaro che viaggia e che prima o poi finisce sulle piazze finanziarie alla ricerca di un investimento vantaggioso. Un movimento circolare al quale contribuisce anche il piccolo risparmiatore. Oppresso da interessi a zero si allarma nel vedere erodere i propri risparmi da un tasso di inflazione anch’ esso unico nel panorama degli ultimi decenni: un 5% percepito che angoscia il percettore di reddito fisso o di pensione e il titolare di conto corrente. Così anche colui che ha una memoria da elefante, un animo da coniglio e gambe da lepre – per usare la definizione del risparmiatore italiano coniata da Luigi Einaudi – si butta titubante sul mercato azionario nella speranza di recuperare il terreno perduto. Anni di astinenza da interessi fruttiferi da recuperare con il boom delle Borse. La Borsa è dunque quel luogo dove le nostre depressioni approdano e vengono curate nella speranza di tramutare, almeno in denaro, l’incertezza dei tempi e l’isolamento sociale ed esistenziale che la pandemia ha esacerbato. Garantire, con la speranza di benessere o di un’agiata vecchiaia, le tribolazioni del vivere è una legittima aspirazione. Ma la Borsa adesso va ben oltre e quota le nostre ansie. I re dei social media, delle consegne a domicilio, del nostro tempo libero e del nostro tempo lavorativo vivono della nostra condizione di isolati protagonisti, di «modern lost souls», danno soddisfazione ai bisogni e al contempo li alimentano. Una monetarizzazione dell’esistenza che speriamo la finanza non tradisca. Perché la Borsa sale e scende e questo lo sappiamo ma le bolle quando scoppiano di solito non avvisano.

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