Investimenti e riforme
rilanciano il Paese

La strategia economica e sociale programmata da Mario Draghi, che segna una netta discontinuità rispetto alla mancanza di visione che ha caratterizzato
il nostro Paese per decenni, emerge chiaramente dal Documento di economia e finanza (Def) e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il primo, che copre un triennio fino al 2024, descrive gli strumenti di finanza pubblica con i quali si intendono affrontare i vari problemi generati dalla crisi pandemica. Il secondo non si occupa degli aspetti congiunturali del primo, ma da questi prende abbrivio per delineare gli interventi «strutturali» che dovranno essere realizzati per pervenire a «un nuovo modello di sviluppo solidale». Questo ambizioso programma poggia su due pilastri fondamentali: investimenti e riforme. Il totale degli investimenti previsti è di 221,1 miliardi di euro, di cui 191,5 miliardi finanziati attraverso il New Generation Eu e 30,6 miliardi finanziati tramite lo scostamento pluriennale di bilancio approvato dal Consiglio dei ministri del 15 aprile scorso.

Le opere devono essere definite, inviate e ottenere il via libera della Ue, ma anche essere implementate, entro il 31 agosto 2026. L’attuazione fa capo a Ministeri, Regioni e Enti locali; al coordinamento è preposta un’apposita struttura del Mef; il monitoraggio sullo stato d’avanzamento è affidato a una «control room» di Palazzo Chigi. Una parte degli investimenti, sarà destinata a colmare i ritardi accumulati nel tempo negli interventi manutentivi sul capitale infrastrutturale, ambientale e idrico. La parte più consistente sarà destinata ad affrontare le nuove sfide di un mondo che cambia, dalle tecnologie digitali alle trasformazioni produttive, tenendo anche conto della necessità di realizzare una formazione continua nei percorsi professionali e un sistema scolastico che incida positivamente sul capitale intellettuale di domani e dopodomani.

Il secondo pilastro, complementare al primo, è quello delle riforme, cui guarda in particolare l’Europa e dalla cui realizzazione dipende la continuità e l’efficacia dei vari programmi d’investimento. Alle riforme il Pnrr dedica un capitolo di 60 pagine, nelle quali sono individuate tre tipologie di azioni riformatrici: riforme «orizzontali» di interesse generale come quelle della Pubblica amministrazione e della giustizia; riforme definite «abilitanti», come quelle di semplificazione della legislazione, destinate a rimuovere gli ostacoli che frenano la crescita; riforme «settoriali» come i progetti relativi alle energie rinnovabili, alla lotta al lavoro sommerso e alla creazione di servizi sanitari di prossimità, la cui carenza ha inciso pesantemente nella lotta alla pandemia.

Per ciascuna delle riforme sono indicati gli obiettivi da raggiungere e le misure necessarie da inserire in testi legislativi con le relative tempistiche. Ad esempio, per la Pubblica amministrazione viene indicato come obiettivo generale quello di porre gli italiani nella condizione di vedere nel settore pubblico non più l’ostacolo da aggirare o il nemico da fuggire, ma il sostegno da utilizzare per la propria attività privata. Nello specifico, poi, vengono delineate quattro linee di indirizzo: modifica e accelerazione dei concorsi pubblici per favorire il ricambio generazionale e l’immissione di nuove professionalità; semplificazione e digitalizzazione delle procedure; pianificazione strategica delle risorse umane con incremento della cultura tecnico-gestionale.

La serietà con la quale viene affrontato il piano delle riforme è testimoniato dalla precisa tempistica stabilita. Entro maggio è scadenzato un decreto-legge sulle semplificazioni burocratiche promosso dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. Per giugno è previsto un disegno di legge delega per rafforzare la lotta alla corruzione. Per luglio il disegno di legge per il mercato e la concorrenza. Entro settembre dovranno essere varati i disegni di legge per la riforma delle norme processuali. Un lavoro intenso e molto ben programmato attende dunque il Parlamento, il governo e gli apparati ministeriali. Tutto dipenderà dalla capacità, come lo stesso Draghi ha esplicitamente affermato, di contrastare adeguatamente e di superare i tradizionali nemici: «Inerzia istituzionale, corruzione, stupidità e interessi costituiti».

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