Ita ora torna in Francia, persi anni e milioni

E così Alitalia ha fatto un bel giro di giostra. Dopo mesi e mesi infiniti di trattative e lungaggini - più di 15 anni fa - per non finire nelle mani dei francesi, è diventata Ita ed è stata venduta ai francesi. Air France, posseduta per una quota «pesante» dall’Eliseo, aveva infatti presentato un’offerta nel dicembre del 2007, poi tramontata. All’allora cda della Magliana il progetto appariva coerente con il piano industriale.

Il progetto avrebbe permesso all’allora nostro vettore nazionale di entrare in un grande gruppo internazionale integrando i suoi 24 aerei a lungo raggio con i 250 del colosso transalpino, ruotando intorno ai tre grandi hub Parigi, Amsterdam e Roma. Poi non se ne fece nulla e Alitalia prese altre vie in nome dell’italianità. Quella di Alitalia, perennemente in perdita da 75 anni, è stata una storia italiana di voli e salvataggi. Dopo che i capitani coraggiosi di Colaninno & C avevano gettato la spugna, perché non avevano previsto - puntando sulla tratta Roma-Milano - il rilancio dell’Alta Velocità, è rimasta sempre come una bella zitella, contesa ma mai maritata.

Le vie alla fine portarono ad Ita, la fenice nata sulle sue ceneri controllata dallo scorso ottobre dal ministero dell’Economia al 100 per cento. E ieri la lieta novella. Si torna in Francia. Un po’ come se un aereo decollato da Orio atterrasse a Orio senza mai fare scalo da nessun’altra parte. Nel frattempo si sono persi anni, anzi lustri, bruciati kerosene e milioni e milioni di euro, pagati interessi sul debito, smembrate società per fare il solito spezzatino, ridotti i dipendenti, diminuiti gli stipendi e soprattutto erogati aiuti di Stato a profusione. Eppure è proprio così. Il ministero dell’Economia fa sapere che verrà avviato un negoziato in esclusiva per l’acquisto della compagnia aerea Ita (acronimo di Italia trasporto aereo) con il consorzio formato dal fondo statunitense Certares e dalle compagnie aeree Delta Air Lines e Air France-Klm.

È da mesi che il governo italiano vuole cedere la maggioranza delle partecipazioni della società a un soggetto privato. Fino ad oggi, secondo gli analisti, l’offerta più solida e in vantaggio era quella della società di navi portacontainer Msc in partnership con la tedesca Lufthansa: per questo la notizia della trattativa esclusiva con il consorzio guidato da Certares - l’unico ad aver fatto un’offerta oltre ai tedeschi - è stata accolta con una certa sorpresa. Ora le prospettive di Ita si fanno incerte. La questione è sempre la stessa quando si parla di privatizzazioni. Con il ministero dell’Economia al comando si poteva stare relativamente tranquilli circa le prospettive occupazionali e di welfare. Ma ora che a guidare il ballo è un fondo di investimenti americano le cose cambiano: i fondi di investimenti guardano in primo luogo agli utili, non alle prospettive occupazionali, al sistema Paese, alle rotte possibili a vantaggio dei cittadini italiani per raggiungere le località del turismo o di lavoro e via dicendo.

Non esistono tratte «garantite» o «socialmente utili» anche se in perdita. Che succederà se su Ita non è più il governo di Roma ma quello di Parigi o la prima compagnia aerea statunitense a decidere tutto? Comunque niente è ancora definito. Con Alitalia - o Ita che sia - è normale. Come procederà la trattativa nelle prossime settimane dipenderà anche molto da chi vincerà le elezioni politiche del 25 settembre e quindi da quello che deciderà il nuovo ministro dell’Economia. Altri capitoli attendono il destino di quel che rimane della compagnia di bandiera italiana.

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