Italia-Francia alleate
con obiettivi differenti

Per il telegiornale tedesco del primo canale Ard, l’accordo Italia-Francia siglato venerdì scorso al Quirinale non esiste. Nell’edizione delle 20 le immagini danno Macron con Draghi a Roma ma il commento è surreale: si parla della Manica e della polemica con la Gran Bretagna sui migranti. L’informazione in Germania è anche questo. Per l’opinione pubblica a Nord delle Alpi, l’Europa è una sola: quella franco-tedesca. L’alleanza Draghi-Macron sposta gli equilibri in una direzione geografica non gradita: verso Sud. L’Europa è fatta di 27 Paesi ma sinora ne contava uno solo spalleggiato dall’Europa del Nord e dell’ Est. Togliete la Germania alla Repubblica Ceca, alla Slovacchia, alla Polonia, ai Paesi Baltici e il grande gioco è scoperto: economie che dipendono da Berlino come i satelliti dai loro rispettivi pianeti.

Il gioco delle parti assegna alla Francia il ruolo di primadonna ma la centralità è tedesca. Ed ha avuto in questi ultimi sedici anni un nome: Angela Merkel. Il cancelliere ancora in carica sino all’8 dicembre ha fatto credere di essere disponibile ad una gestione collegiale, salvo poi riservarsi l’ultima parola. All’insegna del celebre motto: ciò che fa bene alla Germania fa bene all’ Europa. Circa il 60% dell’export tedesco va nell’Europa della moneta unica. Tutti nell’Ue sanno che le fortune tedesche sono legate ai consumi degli altri Paesi.

Ma finora è prevalso il diritto del migliore. La pandemia ha rotto gli schemi. Anche lo Stato tedesco ha dovuto indebitarsi per sostenere le attività economiche in crisi. L’export è calato ed è avanzata la questione climatica e quella tecnologica. Il ritardo nei semiconduttori, nell’elettrificazione dei veicoli e nel settore strategico delle telecomunicazioni ha segnato il punto di svolta.

Tutte le 40 maggiori imprese quotate al Dax della Borsa di Francoforte, parliamo di giganti come Siemens, Sap, Daimler, Allianz, valgono 1.730 miliardi di dollari, la sola Apple ne vale 2.300. Sono questi i rapporti di forza che fanno di un gigante il pulcino bagnato delle nazioni industriali. A Parigi hanno colto l’occasione. Con il trattato del Quirinale si viene a creare un triangolo al cui vertice sta la Francia. L’ Italia è la carta da giocare quando al governo francese riesce difficile contrastare l’egemonia tedesca. Non che lo facesse anche prima, ma la grande congiuntura astrale è avere a Roma un interlocutore affidabile proprio quando la Germania è in un momento di debolezza. Berlino anche con il nuovo governo socialdemocratico, verde e liberale mantiene ancora il suo ruolo egemone, solo che questa volta si trova un fronte meridionale rafforzato. Francia e Italia unite fanno effetto calamita. La Spagna, il Portogallo, la Grecia, Cipro, Malta guardano a Roma perché gli interessi sono comuni. E sanno che questa volta con Parigi in campo il peso specifico cresce. Alla fine la battaglia è quella ormai dichiarata apertamente dal primo ministro italiano: i criteri di Maastricht vanno cambiati. Va creata una fonte di finanziamento stabile a livello europeo per l’emissione di obbligazioni comuni. Una questione vitale per il rilancio dell’economia italiana ma non altrettanto per la Francia. Per Parigi l’obiettivo è ristabilire in Europa una «dominance» perduta. Per i francesi le questioni nazionali non hanno colore partitico. Chiunque va al potere, le sosterrà. La debolezza economica e finanziaria dell’Italia espone invece il Paese ai possibili ricatti dell’alleato transalpino.

Negli anni scorsi la campagna acquisti di imprese italiane ha toccato i 50 miliardi. Luxottica ha spostato la sede a Parigi. Fca è passata a Peugeot. Difendere all’interno di un accordo storico gli interessi nazionali è un compito strategico perché i Draghi passano, ma gli appetiti dei francesi restano.

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