La crisi e il tabù
sull’inflazione

La bassa crescita e la stagnazione delle economie di tutto il mondo - pre e, soprattutto, post Covid-19 - ha indotto molte banche centrali ad adottare politiche monetarie espansive nell’intento di provocare una ripresa dell’inflazione. In questa direzione si sono già mossi Christine Lagarde in Europa, Haruhiko Kuroda in Giappone e negli Usa Jerome Powell, il quale ha recentemente dichiarato che «un’inflazione che è costantemente troppo bassa può comportare seri rischi per l’economia e la Fed d’ora in poi tollererà un tasso di inflazione superiore al 2%». Si tratta di una svolta davvero storica, visto che fino ad oggi tutte le autorità monetarie hanno costantemente adottato misure orientate a mantenere l’inflazione al di sotto del 2% e alle prime avvisaglie di un rincaro dei prezzi hanno alzato i tassi. Come non ricordare Paul Volker che negli anni Ottanta, quando faceva il mestiere di Powell, dichiarò: «Il caro prezzi è la tassa più crudele perché colpisce molti settori quando meno se l’aspettano e colpisce i poveri più dei ricchi».

L’odierna svolta delle Banche Centrali è dovuta al fatto che molti Stati sono enormemente indebitati e che tante economie necessitano di una ripresa consistente. In Europa Christine Lagarde ha sottolineato come «i prezzi continueranno a calare nei prossimi mesi e l’apprezzamento dell’euro sui mercati, soprattutto a spese del dollaro, non aiuta l’inflazione perché riduce il costo delle importazioni». Da qui la necessità di prolungare e rafforzare il «Quantitative easing» allo scopo di far affluire più risorse possibili a cittadini, famiglie e imprese.

Tutta questa liquidità, però, negli ultimi anni è rimasta prevalentemente nelle banche essendo comprensibilmente prevalsa, in un momento così pieno d’incertezze, la tendenza a risparmiare piuttosto che a spendere. Tale trend si è già manifestato negli ultimi dieci anni in Giappone e si sta delineando anche negli Usa, avvalorando la metafora «l’acqua c’è ma il cavallo non beve», utilizzata dall’economista Keynes per sostenere che non si può costringere un cavallo che non ha sete a bere, anche avendone necessità. In egual modo, non si può indurre le famiglie a consumare e le imprese a investire, semplicemente aumentando la liquidità disponibile.

La Commissione europea si è quindi convinta della necessità di affiancare alla politica monetaria interventi di «politica fiscale» attraverso l’aumento della spesa pubblica, proprio seguendo gli insegnamenti di Keynes, allo scopo di accrescere i livelli di attività economica e, quindi, di reddito e di occupazione. Così, è stata concessa ai Paesi europei la possibilità di accrescere la spesa, superando per due anni i vincoli stabiliti dal Trattato di Maastricht.

Inoltre, fatto questo d’importanza storica, si è convenuto sulla necessità di realizzare un indebitamento comune di tutti i Paesi europei per mettere loro a disposizione circa 1.500 miliardi complessivi da utilizzare attraverso appositi fondi. Da parte sua, il governo italiano ha deciso, con vari decreti, un incremento di spesa per circa 130 miliardi destinata al pagamento d’indennità di disoccupazione e ad un parziale ristoro delle perdite subite dalle imprese e dai vari settori dell’economia a seguito della pandemia.

Riguardo ai fondi europei, sono stati assegnati 10 miliardi dei 28,5 del «Sure» destinato agli ammortizzatori sociali e ben presto potranno essere utilizzati anche i fondi del «New Generation Ue» per 209 miliardi destinati a finanziare lo sviluppo economico dei prossimi 10 anni.

Non è stato ancora invece attivato il «Mes», utilizzabile fino a 36 miliardi, che sarebbe stato oltremodo utile per realizzare urgenti interventi di sostegno e di rigenerazione al sistema sanitario e in merito al quale il nostro Presidente del Consiglio manifesta controindicazioni inconsistenti e piuttosto sibilline. Intanto, l’Europa è entrata con successo sul mercato obbligazionario con le prime emissioni di «eurobond» per iniziare a finanziare il Sure con 15 miliardi e il Mes con 2 miliardi. Il successo con il quale queste due emissioni sono state accolte dal mercato è il segno tangibile che una nuova Europa c’è e sta con noi.

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