La lotta all’evasione
tagliando i contanti

Passata (facendo i dovuti scongiuri) l’emergenza sanitaria, almeno quella più drammatica, sono stati aperti al ministero dell’Economia i fascicoli della più volte annunciata riforma fiscale che dovrà essere finanziata ricorrendo a risorse domestiche. L’idea di base, come comunicato nei giorni scorsi alla Camera dal ministro Gualtieri, è di far calcolare direttamente dell’amministrazione finanziaria le imposte dovute sulla base degli incassi effettivi che dovranno essere tracciabili. Da qui l’esigenza di limitare l’uso del contante, favorire i pagamenti con Pos e agevolare il passaggio ad un sistema di tracciamento digitale degli spostamenti di denaro. Per raggiungere tali obiettivi, la legge di bilancio 2020 ha previsto obblighi e incentivi. Riguardo agli obblighi, dal primo luglio sono vietati i pagamenti in contanti superiori a 2.000 euro, che scenderanno a 1.000 dal primo gennaio 2022. Sempre dal primo luglio è inoltre impedito l’utilizzo di una serie di detrazioni fiscali per le spese effettuate con strumenti non tracciabili.

Quanto agli incentivi per l’utilizzo di pagamenti elettronici, è stato previsto un meccanismo di rimborsi semestrali fino a 2.000 euro l’anno, anche se i dettagli operativi non sono ancora stati definiti.

L’intenzione del Governo, attraverso la disincentivazione all’utilizzo del contante, è di ridurre sensibilmente l’evasione, che attualmente ammonta a 110 miliardi l’anno, e combattere la corruzione e tutte le attività illecite che danno vita ad un’enorme economia sommersa, con un giro di affari di circa 200 miliardi l’anno. Molti Paesi europei come Svezia, Danimarca, Norvegia e Inghilterra stanno portando avanti un progetto organico per pervenire ad una «economia senza contante». Rispetto a questo obiettivo, l’Italia parte da una posizione molto arretrata, anche se nel 2019 è stato registrato un aumento dell’11% dei pagamenti digitali, per un valore pari a 270 miliardi di euro. All’inizio dell’anno l’86% delle transazioni in termine di volume e il 68% in termine di valore avvenivano ancora in contanti, mentre il rapporto circolante/Pil risultava in ascesa.

Le ragioni di questo nostro pesante ritardo sono da attribuirsi principalmente agli ancora inadeguati sviluppi dei processi di digitalizzazione e al perdurare di una notevole confusione legislativa. Basti pensare che negli ultimi quindici anni la soglia ai trasferimenti del contante, sostenuta dai governi di centrosinistra e giudicata non prioritaria da quelli di centrodestra, è stata cambiata otto volte. Anche se dal 2016 esercenti e professionisti hanno l’obbligo di detenere un Pos e non possono rifiutarsi di accettare pagamenti digitali sopra i 5 euro, non è ancora stato messo in pratica un affidabile sistema di controlli. Si è poi fatto molto poco per indurre le banche e le altre istituzioni finanziarie a ridurre le ancora elevate commissioni sui pagamenti elettronici. Qualcosa di molto interessante è avvenuta di recente con la fusione tra Nexi e Sia, che ha dato origine ad un colosso dei pagamenti digitali del valore di oltre 15 miliardi di euro. Cassa depositi e prestiti, la banca del Tesoro che controlla Sia, sarà il primo azionista della nuova società con il 25% e potrà certamente dare una mano al governo nella sua azione di contrasto all’utilizzo del contante.

Esiste una chiara evidenza sui vantaggi che un’economia senza contante produce sull’evasione fiscale, sulla lotta alla corruzione e sull’economia sommersa. Tuttavia, un’incisiva politica di questo tipo, senza il sostegno della comunità cui è riferita, rischia di fallire, offrendo il fianco alla creazione di una rete di sistemi alternativi per aggirarla. Dovrebbe, quindi, essere accompagnata da un contenimento del carico fiscale per i cittadini e da sistemi di controllo che ne certifichino i benefici sociali, giustificando la privazione che molti subirebbero in termini di privacy. Senza trascurare l’oggettiva condizione socioeconomica del nostro Meridione, dove una guerra troppo feroce e veloce al «nero» assesterebbe un vero e proprio colpo di grazia all’economia di sussistenza di una larga fetta della popolazione.

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