La quarta ondata e l’importanza del vaccino: i numeri non si smentiscono

L’Italia, come il resto d’Europa, sta per entrare nella quarta o quinta ondata Covid (ormai abbiamo perso il conto). La curva dei contagiati ha invertito la tendenza e sta salendo di nuovo. L’indice Rt è a 1,5. Si rischia di creare l’ennesima «campana» grafica con una salita vertiginosa, un picco e poi la relativa discesa. L’esito di questa ennesima ondata non è affatto scontato, anche se i virologi italiani sono più ottimisti, anche per via delle terapie che si stanno sviluppando. È di ieri la notizia di nuovi farmaci in grado di garantire la vita del paziente e di non farlo nemmeno entrare in terapia intensiva. L’Aifa si è già attivata per acquisire una quantità adeguata del farmaco antivirale orale Molnupiravir, già autorizzato in Gran Bretagna.

Purtroppo questo devastante incendio virale scoppiato nell’inverno del 2019, con le sue maledette varianti, non è stato domato e la legna che ancora sta ardendo e mantiene il fuoco, come ha precisato il virologo Bassetti con una metafora dura ma efficace, sono i cittadini che non si sono ancora vaccinati. L’Istituto superiore di Sanità ci dice che chi non si vaccina rischia quattro o cinque volte di contagiarsi rispetto a chi ha la doppia dose. Non solo, ma quasi nessun vaccinato è attualmente in terapia intensiva (a parte i casi di patologie estremamente gravi) e le probabilità di finire ricoverato sono molto basse per chi è immunizzato. Dunque i primi a capire che la vaccinazione serve soprattutto alla loro protezione, dovrebbero proprio essere i cittadini che non si sono ancora decisi a vaccinarsi.

Il Regno Unito si sta riprendendo dagli effetti della variante Delta, nonostante la disastrosa strategia sanitaria di Boris Johnson, grazie alla somministrazione della terza dose. La Germania è conciata molto peggio di noi italiani (quasi 200 vittime al giorno) proprio perché conta un numero di vaccinati minore in percentuale (siamo al 60%). Il ministro della Sanità tedesco la chiama palesemente «la quarta ondata dei non vaccinati» perché la causa di fondo è quella e dunque è meglio chiamare le cose col loro nome. Idem come sopra per i Paesi balcanici, molto indietro rispetto a noi nelle somministrazioni dei sieri. Ma da quelle parti c’è chi si venderebbe la casa per immunizzarsi, il problema è solo di arretratezza, di povertà, di disorganizzazione. Non vi è un movimento no-vax o no Green pass. Anche perché il Green pass in Macedonia, in Romania, in Serbia e negli altri Paesi dell’ex Jugoslavia, non esiste.

Così vicini, così lontani, è il caso di dirlo. Siamo a un passo dall’immunità di gregge raggiungibile col 90% dei vaccinati, come spiega tutti i giorni il generale Figliuolo. Nella conferenza stampa voluta da Palazzo Chigi, a cui ha partecipato anche Roberto Speranza, è proprio il ministro a chiarire che dalla prossima settimana si lavorerà per allargare il «booster» (la terza dose) anche ad ulteriori fasce generazionali (finora è per fragili, sanitari e over 60). Questo obiettivo comune significherebbe mettere fine ai nostri problemi, tornare a vivere a respirare, a frequentare i locali senza esporre il vituperato Green pass, che altro non è che una misura che ci protegge e fa da deterrente per chi non si è ancora immunizzato. E invece, a causa di chi è restio a immunizzarsi, ancora non ci siamo. La situazione è tale che nel governo si pensa all’ipotesi di un lockdown «mirato» per chi non ha provveduto alla somministrazione del vaccino anti Covid, circa sette milioni di cittadini, tra i quali il virus viaggia più diffusamente (insieme ai bambini minori di 12 anni).

E pensare che la libertà quella vera, nasce proprio dal vaccino. Una libertà non ancora compiuta, a un passo dalla tanto sospirata immunità di gregge.

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