La ripartenza per il Papa
Occasione per cambiare
Una vita senza scarti

C’è grande agitazione e intenso desiderio. Sfioriamo il delirio. Insomma non aspettiamo altro che ripartire e far tornare tutto come prima. La parola d’ordine è ripristinare la cuccagna naturalmente a favore dei ricchi. E se un Papa si affaccia sulla soglia della furia frenetica, alza la mano e chiede di fare i conti con il mantra da coronavirus, con quel «tutto-andrà-bene», perché per alcuni, se non per molti, non sarà affatto così, ecco che scatta la censura, il fastidio, il disagio, il disturbo. Ieri le parole di Bergoglio sugli egoismi pronti a connotare la «fase 2» mondiale sono state ignorate da media mainstream social e tradizionali. Stiamo davvero avviandoci alla normalità e le parole di Francesco tornano ad essere una scocciatura.

Ma Bergoglio non ha fatto altro che continuare un ragionamento che ha connotato dall’inizio la sua analisi della pandemia e delle sue conseguenze. Il rischio è di passare da un virus all’altro. «Egoismo indifferente» lo ha chiamato, matrice di tanti egoismi che già vediamo crescere in Italia e all’estero. Nord versus Sud, scienziati versus scienziati, politici contro politici perché una normalità nuova di zecca, dove siano la verità e la morale e non l’avidità e il desiderio personale a dettare le regole, fa paura.

Speriamo che tutto torni come prima, cioè, per spiegarci con parole più oneste, adeguare i comportamenti alla nuova realtà, ma senza cambiarli, senza esame di coscienza, anzi lasciandoli intatti nella loro crudele e immutabile condizione. Insomma non c’è alternativa ed è inutile ragionare su un virus che ci ha offerto un’opportunità. Bergoglio ieri ha detto con chiarezza che Covid-19 potrebbe essere lo stimolo per apparecchiare la tavola in modo diverso, rimuovendo diseguaglianze, risanando ingiustizie, preparando «il domani di tutti senza scartare nessuno». E ha precisato: «Non è ideologia, è cristianesimo». Forse già sentiva il solito coro con le accuse di essere comunista. Non sarà facile evitare ciò che già Plauto denunciava e cioè che l’uomo è un lupo per l’uomo. Francesco ha usato solo parole diverse: «La vita migliora se va bene a me» e «tutto andrà bene se va bene a me». C’è un grande affidamento sulle soluzioni proposte, soprattutto quella di iniettare miliardi e miliardi nel sistema. Funzionerà? Probabilmente sì. Cambierà il mondo? Probabilmente no. È accaduto anche dopo la crisi dei mutui americani e la pandemia economica mondiale. Anche allora si fecero promesse da marinaio per trovarsi al punto di prima con il turbocapitalismo finanziario sempre a dettare le regole del gioco. La pandemia, con le curve tornate ad essere piatte, è finalmente arrivata al livello di fastidio. Un gesto della mano e via, possiamo tornare al solito ordine globale con la crisi climatica, le migrazioni considerate un accidente, le diseguaglianze sociali non sostituibili, le carenze dei sistemi sanitari inevitabili.

Papa Francesco qualche tempo fa in uno dei suoi incessabili ragionamenti sui crimini prodotti dall’attuale sistema globale aveva usato una parola durissima «inequità», per descrivere un sistema a cui ci siamo abituati, cosa ben diversa dall’iniquità che si può anche riparare con una piccola o grande elemosina. Oggi siamo di fronte ad un bivio cruciale: continuare con l’elemosina o cambiare il sistema. Finora siamo stati capaci di creare ricchezza solo nella misura in cui contemporaneamente abbiamo creato più povertà. La fragilità globale, sulla quale la pandemia ha fatto aprire gli occhi, esige invece un cambio di passo nei paradigmi ringhianti che hanno governato il mondo fin qui. Il Papa lo dice da tempo: non è ideologia, è cristianesimo.

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