La sanità di vicinanza
I rimedi impopolari

L’entusiasmo dei primi anni dopo la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (Ssn) aveva delineato una struttura ospedaliera molto diffusa. L’idea - un po’ ingenua - dell’inizio era di mettere a disposizione di tutti qualunque servizio medico secondo il criterio della «vicinanza». L’ideale era cioè che i servizi fossero non solo disponibili, ma anche facilmente accessibili e quindi vicini dal punto di vista della localizzazione. Intanto, nel tempo, la tecnologia è divenuta sempre più complicata, richiedendo non solo nuove attrezzature scientifiche ma anche personale specializzato: non più solo medici, quindi, ma anche ingegneri, fisici, informatici. Finché è stato possibile si è operato con l’idea di poter equipaggiare tutti gli ospedali, anche quelli periferici, con molte attrezzature. In molti casi le attrezzature non le ha pagate il Ssn, ma alcuni benefattori, dimenticando però che le attrezzature non lavorano da sole ma hanno bisogno di personale specializzato.

Così siamo il Paese che, ad esempio, ha un gran numero di risonanze magnetiche nucleari spesso sottoutilizzate per mancanza di personale. Il fenomeno è determinato dall’avvento della regionalizzazione del Ssn, una necessità d’altra parte indilazionabile, perché le Regioni e i relativi problemi del nostro «lungo» Paese non sono tutte eguali e quindi richiedono un’organizzazione adatta al contesto. Tuttavia, è necessario un miglior coordinamento che consenta una relativa omogeneità dei servizi e delle prestazioni. In altri ambiti gli economisti insegnano che la disponibilità di una grande offerta determina una grande domanda, spesso non giustificata da ragioni di salute nel caso del Ssn. Queste ed altre ragioni determinano la necessità di riconsiderare la struttura generale del Ssn.

Un primo problema è la necessità di superare il concetto di Regione geografica. Vi sono troppe Regioni e molte sono troppo piccole perché vi possa essere spazio per tutto ciò che è necessario per la gestione della salute. Diminuire il numero delle Regioni accorpando le più piccole è utile per permettere al ministero della Salute di migliorare gli interventi e assicurare un adeguato coordinamento.

Un secondo problema riguarda i piccoli ospedali, che spesso sono a pochi chilometri da un grande ospedale. Accanto ai piccoli ospedali devono essere considerati i punti nascita. L’Organizzazione mondiale della sanità ricorda che, per essere efficiente, qualsiasi sistema sanitario deve poter effettuare un certo numero di interventi all’anno. Ad esempio, si ritiene che i punti nascita debbano avere almeno 1.000 parti all’anno. Averne di meno non è solo uno spreco di risorse, ma è anche un cattivo servizio alla popolazione perché, per poter intervenire efficacemente in casi particolari o complessi, è necessario averne visti altri, cosa non possibile quando il Ssn dispone di punti nascita con meno di 500 nati. Seppure ciò possa essere visto in modo negativo dalla politica e dalle popolazioni locali, è molto importante operare un taglio. Alcuni dei piccoli ospedali possono in parte divenire la sede degli auspicati raggruppamenti di medici di medicina generale per migliorare le loro possibilità di intervento. Tale riconversione, inoltre, è certamente più economica rispetto ai costi del mantenere un piccolo ospedale e consente di potenziare i trasporti necessari per arrivare più velocemente a un ospedale vicino, più grande e perciò più efficiente nell’occuparsi anche dei casi più complicati e perciò meno frequenti.

Un terzo problema riguarda le alte specializzazioni, che vanno concentrate in pochi ospedali. Parliamo, ad esempio, di cardiochirurgia, di neurochirurgia, di gravi insufficienze respiratorie. Se le diffondiamo troppo sul territorio, avremo il problema della necessità di avere tutti i medici e gli operatori sanitari necessari per la funzionalità del servizio, che tuttavia in molti casi avranno un basso numero di interventi. Se invece questi servizi complessi si concentrano in pochi centri con un minor numero di medici e operatori sanitari, si avrà lo stesso numero di interventi con maggior probabilità di essere più efficienti.

È certo che questi cambiamenti relativi all’impostazione generale del Ssn sono impopolari e quindi non possono che trovare molti oppositori. Bisogna perciò attivare efficaci metodi di comunicazione per far accettare riforme che hanno lo scopo di migliorare il Ssn a vantaggio dei singoli e della comunità.

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