La scienza alimenta
il coraggio di sperare

Avere speranza è fuori moda. Ad essere ottimisti sul futuro si rischiano fischi e insulti. È comprensibile. Nel nostro Paese vi sono ancora disuguaglianza e povertà diffuse. Nel mondo un miliardo di persone non ha abbastanza acqua, cibo, salute e istruzione. Eppure, grazie alla scienza e ai meccanismi dell’innovazione, da oltre un secolo l’umanità ha abbandonato il mondo pre-industriale e iniziato la grande fuga dalla deprivazione e dalla miseria. Inoltre, pur con persistenti elementi di disuguaglianza sociale, ha trovato la strada per il progresso che prosegue tuttora.

Negli ultimi vent’anni sono state scoperte nuove cure per il cancro e l’Hiv, una nuova sensibilità collettiva ha permesso di ridurre l’impatto ambientale, le tecnologie digitali hanno dato accesso al sapere come mai in passato. Grazie alle nuove conoscenze scientifiche abbiamo aggiunto anni alla vita e siamo più in salute dei nostri genitori e dei nostri nonni, tanto che in Italia la speranza di vita è aumentata di dieci anni, dai 73 anni nel 1976 agli 83 anni oggi. Basta confrontare, anche nei ricordi personali, lo stile di vita assai differente dei nostri nonni, dei nostri genitori, di noi stessi e dei nostri figli.

Tuttavia negli ultimi anni, soprattutto attorno alle generazioni più giovani, è cresciuta l’incertezza del futuro accanto ad un dilagante pessimismo. In una delle riflessioni sulla Speranza come anima del nostro tempo, il vescovo Francesco Beschi ricorda che «stiamo attraversando un paradosso, quello di una vita che si allunga e di un futuro che si accorcia, come se la speranza si fosse abbreviata». Marc Augé sostiene che non osiamo più immaginare l’avvenire, nonostante viviamo gli anni in cui il progresso scientifico si è esteso verso l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Non è estranea l’eterna danza fra progresso e disuguaglianza, nei modi in cui lo sviluppo può creare disparità quando le posizioni acquisite da alcuni sono d’impedimento alla crescita di altri e ostacolano l’accesso alla scala sociale.

Accade talvolta che la disuguaglianza indichi ad alcuni la via, incitandoli a recuperare terreno e posizioni sociali, ma affinché ciò sia possibile, come la storia nel dopoguerra ci suggerisce, è necessario garantire a tutti l’accesso alla conoscenza attraverso un’istruzione adeguata ai tempi. Una misura della civiltà di un Paese è il suo investimento in alta formazione, per garantire un’istruzione superiore anche a chi non ha avuto la fortuna di nascere con mezzi adeguati. Nello spirito della Costituzione («I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi») non vi è solo l’intenzione di aumentare il sapere, ma di formare cittadini responsabili e consapevoli, armati di spirito critico di fronte alle seduzioni di soluzioni troppo semplici o ingiuste ai mali sociali.

Su questo e altro il mondo è ancora lontano dalla perfezione. Tuttavia la fatica delle generazioni precedenti per migliorare le nostre esistenze ci rammenta il dovere morale di superare le attuali imperfezioni e sostenere l’evoluzione della nostra conoscenza e del nostro vivere. In questo preciso momento, da qualche parte del mondo, vi è sicuramente qualcuno che sta sperimentando nuove colture per aumentare la resa dei cereali, verificando un nuovo algoritmo per la diagnosi per immagini delle patologie del fegato, collaudando un nuovo processo energetico più efficiente e meno inquinante, lavorando su nuovi materiali per la sicurezza delle auto.

È lungo queste linee di pensiero che si presenta alla città la 16ª edizione di BergamoScienza, una manifestazione che nella sua ricorrenza alimenta la speranza, non solo perché diffonde il sapere, ma perché riceve il sostegno gratuito e generoso da parte di un’entusiasta comunità di scienziati, professori, studenti e persone di ogni età e di ogni estrazione sociale, che condividono l’amore verso la conoscenza. Da quest’anno la presidenza è stata assunta da Raffaella Ravasio, tra i fondatori dell’Associazione alla quale ha dedicato grande talento e infinita passione sin dalla prima edizione. A lei e a tutte le persone impegnate va la gratitudine della nostra comunità, perché BergamoScienza, insieme alle numerose iniziative culturali che il nostro territorio con vivacità e forza da tempo esprime, ci esorta nel pensiero di osare tutta la speranza possibile, senza lasciarci paralizzare dal senso dell’incertezza o, peggio, dalla paura del divenire.

Finché vi saranno donne e uomini mossi dal desiderio della conoscenza al fine di migliorare le condizioni di vita dell’umanità, l’arco della storia sarà sempre teso nella direzione giusta, quella di avere il coraggio di sperare, nonostante tutto.

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