La strage di giovani a Kabul
Attacco feroce
in un Paese tormentato

Il feroce attacco all’università di Kabul, che ha provocato una strage di studenti (almeno 19 vittime, secondo le ultime notizie) ci dice molto del volto del terrorismo di matrice islamica. Il luogo dell’attentato innanzitutto, un ateneo pieno di giovani vite, ragazzi di poco più di vent’anni, segno che per i radicalisti islamici il disprezzo della vita, in ogni sua forma, è totale – un po’ come lo fu per i terroristi ceceni di Beslan.

Vi è poi il disprezzo della cultura in ogni sua forma, simbolo della cecità totale di un aspirante regime che vorrebbe sottomettere i suoi sudditi e ridurli a schiavi analfabeti, a cominciare delle donne. Non è un caso che all’università di Kabul dei 7 mila iscritti, 1.700 sono studentesse, simbolo della tenace volontà di emancipazione femminile di questo Paese (l’immagine di quest’estate che mostrava centinaia di donne sotto il sole del deserto in attesa di svolgere il test d’entrata è emblematica).

Infine, l’arma con la quale i militanti dell’Isis hanno seminato il terrore, che non è solo il kalashnikov, ma il messaggio virale postato sui social network (in questo caso Telegram), un modo per sfuggire ad ogni intercettazione e diffondere la paura (il vero scopo dell’azione) a livello virale, esponenziale, sfruttando un sassolino digitale che rotolando tra i media di tutto il mondo diviene valanga globale.

Il raduno organizzato dal governo afghano presso l’ateneo della capitale afghana, dichiarato come obiettivo, è solo un pretesto che dà una parvenza di guerra di prima linea. In realtà, si è compiuta l’ennesima strage di innocenti. Si è sparato a raffica su degli studenti inermi, una delle azioni più vigliacche e orrende, simile a quella dello psicopatico assassino Anders Behring Breivnik, che uccise 77 giovani nell’isola norvegese di Utoya, o dell’attentato del Bataclan. I giovani rappresentano il futuro dell’Afghanistan, l’obiettivo era quello. È questo il profilo del terrorismo moderno: mezzi tecnologici all’avanguardia, disprezzo della vita umana in ogni sua forma, a cominciare dagli innocenti, e messaggi che rimandano all’oscurantismo fondamentalista, nemico di qualunque forma di cultura e di progresso.

Il teatro dell’ennesimo attentato dell’Isis-Khorasan, la sezione afghana dello Stato Islamico, è quella di un Paese che non riesce a uscire dalla violenza, dalla guerra e dal terrore. Gli attacchi alla popolazione si susseguono. Pare che la maggior parte siano attribuibili al terrorismo da esportazione dell’Isis-Khorasan, alleati degli «studenti coranici» per riportare a Kabul l’egemonia della jihad. I Talebani infatti avrebbero sospeso gli attentati in occasione delle trattative diplomatiche che si stanno tenendo a Doha, che però sono allo stallo. L’inviato speciale americano per l’Afghanistan, Zalmay Khalilzad, finora non è riuscito a convincere le parti nemmeno sulle procedure preliminari.

Il futuro di questo tormentato Paese è avvolto nella nebbia: la delegazione dei talebani e quella del governo sono lontani da una minima forma di accordo, mentre le truppe occidentali di stanza nella terra del «grande gioco» contano i giorni in attesa della partenza definitiva, dopo diciannove anni di guerra ininterrotta.

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