La svolta del Papa
Riscrivere l’economia

C’è un passo in avanti nel processo aperto da Papa Francesco circa una diversa narrazione economica e il Forum di Assisi appena concluso imprime una svolta. Tra le analisi proposte da Bergoglio nel suo messaggio, che invita ad un nuovo patto per riscrivere l’attuale sistema mondiale diventato insostenibile, c’è una frase che va colta in tutta la sua autorevolezza, quella sul Terzo Settore e i modelli filantropici. Francesco ha detto che non basta più puntare sulla ricerca di «modelli palliativi». Il passo avanti del Forum di Assisi sta in questa affermazione. Non che non servano. Bergoglio spiega che non sono più strumento di consolazione. Occorre progredire nel processo e andare al cuore del sistema e cioè le regole di Wall Street. Finora soprattutto i cattolici avevano contrastato una sorta di depressione dell’impotenza davanti ai leoni della finanza senza etica, facendosi coraggio con quel Terzo Settore ammesso qualche volta ai tavoli delle decisioni pubbliche per poter almeno correggere qualche cosa con una mutualità nella produzione e nello scambio di beni e servizi.

Insomma una sorta di correzione delle distorsioni, accettata o più spesso sopportata con indulgenza. Ma Bergoglio ha detto che può essere pericoloso continuare su questa strada. La situazione è drammatica, perché ai tavoli globali continuano solo a sedersi i vincitori. Qualche volta permettono a qualcuno più buono di sedersi accanto per una «photo opportunity» o per retorica buonista o per diplomazia umanitaria, ma niente affatto per condizionare le scelte. Qualche lacrima che scende dal volto del perfetto capitalista fa sempre un buon effetto. Bergoglio ha rivelato la trappola.

Oggi serve altro. Ecco il passo nuovo del processo che ha aperto dall’inizio del Pontificato sulla riscrittura dell’economia. Intanto ha deciso che non può farlo da solo e ha chiamato con sé migliaia di giovani economisti, i quali non dovranno trovare palliativi da terza economia, ma dovranno rivoluzionare l’attuale sistema. Nasce quella che il professor Leonardo Becchetti ha definito nel suo ultimo libro, «Borgoglionomics», cioè un sistema economico esattamente all’opposto di quella che 40 anni fa venne definita la «Reaganomics». Ad Assisi ne sono stati elaborati i primi archetipi accademici. Ma non si tratta della bontà dei no-global dei «social forum» opposta alla cattiva coscienza dei banchieri globali riuniti a Davos.

La Bergoglionomics è molto di più, perché ridisegna regole e cambia le interazione tra i diversi attori economici e tra istituzioni, imprese, mercato e cittadinanza di tutti i popoli. Può essere una rivoluzione per mettere definitivamente al bando la progressione impressionante delle idee della Scuola di Chicago, che ha provocato guasti immensi nel passato da Ronald Reagan a Margaret Thatcher e che oggi, al tempo dei capitali globali in debito di una leadership multilaterale che li governi, vengono riproposte come dogma del capitalismo neo-liberale aggravato dalle istanze sovraniste di chi ritiene di aver maggiori diritti di altri. Bergoglio ammonisce, ma nessuno finora ha colto la sua sfida culturale. La mobilitazione alternativa globale è fiacca e anche il salotto di Davos mostra qualche segno di stanchezza. La pandemia ha regolato tutti. Così il Papa ha deciso di alzare l’asticella. Il Terzo Settore e la beneficenza dei più buoni non bastano più. Bisogna accelerare e cambiare il sistema. Siamo arrivati al capolinea e non ci saranno più anni ruggenti. La «Bergoglionomics» è l’ultimo treno per salvare il mondo e scongiurare il disastro. Ci possono credere solo duemila giovani economisti?

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