Le bollette,
rincari al 40%
A rimetterci i soliti

La transizione ecologica non è un pranzo di gala. Ce lo ha ricordato ieri il ministro Cingolani annunciando che la bolletta della luce aumenterà dal prossimo primo ottobre del 40%, mentre quella del gas «solo» del 30% (e sta arrivando l’inverno). Una botta senza precedenti, sulla testa di famiglie, artigiani, commercianti, ristoratori, imprese che già hanno passato mesi durissimi per via del lockdown e ora si ritrovano questa «tassa» che genera malcontento e mette benzina sul fuoco della tensione sociale. Siamo tutti convinti della bontà della rivoluzione ecologica ma il governo avrebbe potuto evitare che la rieducazione avvenisse a colpi di tributi e aumenti.

È questa la tanto auspicata ripresa annunciata? È così che vedremo la luce in fondo al tunnel? Pagando la luce profumatamente? Ma veniamo alle cause della decisione (e ai mancati rimedi «politici»). La prima causa è dovuta all’impetuoso aumento della domanda da parte dei mercati dell’Estremo Oriente e in particolare della Cina proprio per via della ripresa post Covid. Le industrie del Dragone stanno facendo incetta di gnl, il gas naturale liquido che viene trasportato via mare dalle navi-cargo. In Europa, che da tempo sta abbandonando il carbone per utilizzare questo tipo di combustibile, il più pulito per produrre energia elettrica, i prezzi sono andati alle stelle. Ma dopo quella «geopolitica» c’è una seconda causa, per così dire, «politica».

«Tutto questo succede - ha detto il ministro partecipando a Genova a un convegno della Cgil - perché il prezzo del gas a livello internazionale aumenta. Ma succede anche perché aumenta il prezzo della CO2 prodotta». Che significa? In altre parole la seconda causa degli aumenti è legata ai cosiddetti «permessi per inquinare», certificati gestiti dall’Unione europea e utilizzati sui mercati come prodotti finanziari. Se un’azienda che produce energia elettrica inquina, deve comprare - a seconda di quanta anidride carbonica - questi permessi, e finanziare l’Unione, che utilizzerà i proventi di questi «titoli di risarcimento» per iniziative ambientali. Le politiche sempre più restrittive dell’Unione in termini di emissione hanno portato il mercato dei «permessi per inquinare» ad aumentare la domanda, in previsione di ulteriori rialzi. E siccome i produttori di energia sono costretti a comprarli per compensare le emissioni di Co2, si rifanno scaricando i costi sulla bolletta.

Ma come mai, visto che la situazione dura ormai da tempo, il governo annuncia la botta proprio ora? Perché finora aveva calmierato il costo della bolletta con interventi tampone, come quello approvato nel luglio scorso e inserito nel decreto «lavoro e imprese». Per scongiurare il maxi aumento era stata approvata una riduzione degli oneri pari a un miliardo e 200 milioni. Così gli italiani hanno potuto sopportare «solo» un aumento del 10% per l’energia elettrica e di 15 per il gas. Ma col primo ottobre il governo ha finito di calmierare. Per le imprese e le famiglie sarà un provvedimento odioso e devastante, per molti addirittura insopportabile perché rischia di costringerli a cessare l’attività (pensiamo ai ristoratori che solo ora stanno cercando di riprendersi). Se si pensa che stanno per arrivare oltre duecento miliardi di euro dal Recovery Fund. Ovviamente non sono utilizzabili per finanziare la spesa corrente, ma certo potrebbero alleggerire molte voci di spesa e liberare indirettamente risorse. E invece niente. A rimetterci saranno – come con l’inflazione – i meno abbienti: le famiglie più povere, gli indigenti, gli artigiani e le piccole imprese coi conti in bilico. Che pagheranno il prezzo delle politiche ambientali dell’Europa e delle loro multe. In attesa della transizione ecologica continua la transizione del denaro dalle tasche degli italiani.

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