Le immagini di Webb e la ragione senza spazio

Il commento Di fronte alle immagini catturate dal Telescopio Spaziale James Webb non si sa se essere affascinati o spaventati. Luci, lampi, scie di ogni colore e forma su uno sfondo nero, ovvero migliaia di galassie (non pianeti, galassie) fotografate nello spazio profondo, indietro nel tempo come mai prima. Uno spettacolo mozzafiato

.E in effetti è proprio senza fiato che si resta quando il direttore della Nasa, Bill Nelson, spiega che la porzione di universo fotografata dal Telescopio è l’equivalente di un granello di sabbia inquadrato dall’occhio di un uomo. Figuriamoci quindi la nostra Terra rispetto al tutto: un’inezia miracolosamente piena di vita e di intelligenza. Ecco, forse sul secondo termine dovremmo intenderci meglio. Perché proprio mentre le prime immagini del James Webb facevano il giro del mondo, tra Russia e Occidente si consumava l’ennesima rottura, e proprio a proposito della collaborazione spaziale, uno dei pochi campi in cui sembrava che il Muro di Berlino fosse davvero caduto, e per sempre. L’ESA (ovvero l’Agenzia Spaziale Europea) ha deciso di chiudere la collaborazione con Roskosmos, l’agenzia spaziale dello Stato russo, collaborazione che peraltro era già stata sospesa nell’aprile scorso.

È diventata impossibile una collaborazione tra Stati che dovrebbero mostrarsi la massima fiducia in cielo, mentre in terra si minacciano in ogni modo, dalla fornitura di armi ai ricatti energetici

Addio quindi ai programmi Luna 25, 26 e 27, e altrettanto a Exo Mars, la missione per l’esplorazione di Marte. E le ragioni son sempre quelle: l’invasione russa dell’Ucraina, la guerra e le sanzioni occidentali. È difficile dire chi abbia cominciato, anche se tutti ricordano le dichiarazioni di Dmitrij Rogozin, direttore di Roskosmos, che già in marzo minacciava la rottura dei rapporti se le sanzioni contro la Russia non fossero state ritirate. La verità è che era diventato ormai impossibile una collaborazione tra Stati che dovrebbero mostrarsi la massima fiducia in cielo (in queste missioni ogni Paese contribuisce con un tassello, i russi per esempio sono da sempre forti nella missilistica) mentre in terra si minacciano in ogni modo, dalla fornitura di armi ai ricatti energetici. Collaborazione che investe un settore di tecnologie d’avanguardia, segreti industriali e anche prospettive militari, visto che di guerre spaziali si parla ormai da anni con allarmante frequenza.

Tra poco a essere rimosso sarà lo stesso Rogozin. Al suo posto andrebbe, secondo le voci moscovite, il vice-premier Yurij Borisov

Da questo punto di vista, peraltro, arrivano da Mosca notizie non incoraggianti. Non tanto perché Rogozin ha ordinato di rimuovere tutti i dispositivi europei dai veicoli spaziali russi, ma perché tra poco a essere rimosso sarà lo stesso Rogozin. Al suo posto andrebbe, secondo le voci moscovite, il vice-premier Yurij Borisov, che nell’attuale Governo ha la supervisione dell’apparato militar-industriale. Il curriculum di Borisov parla chiaro: tre lauree (Scuola militare «Suvorov» di Tver’, Elettronica e Matematica a Mosca), ex militare di carriera, vice-ministro della Difesa nel 2012 e vice premier nel 2018.

Se andrà a dirigere Roskosmos non sarà perché Vladimir Putin ha deciso di degradarlo, al contrario: sarà compito di Borisov usare le proprie competenze per «armare» lo spazio, farne non più uno dei rari punti di incontro tra Occidente e Russia ma uno dei tanti luoghi di un confronto che, invece di allentarsi e ricomporsi, si allarga e si inasprisce. Deve rimontare, perché fu Donald Trump, allo scadere del 2019, a istituire la Space Force degli Usa. E perché i bombardamenti ucraini delle ultime settimane, che pescano uno per uno i depositi di armi dei russi, fanno ben capire che cosa voglia dire avere alle spalle l’occhio lungo degli 800 satelliti americani attualmente in orbita. Forse nemmeno l’occhio potentissimo del Telescopio James Webb si accorgerebbe di noi. Ma facciamo tutto il possibile, in quel mare di pianeti e galassie, per farci purtroppo notare.

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