L’Italia digitale
rincorre l’Europa

La Commissione europea ha recentemente diffuso l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi) per il 2019, dal quale emergono più ombre che luci per quel che riguarda il nostro Paese. Ci collochiamo complessivamente al 24° posto fra i ventotto Stati membri dell’Ue, con più o meno marcati gap da colmare a seconda dei vari comparti esaminati. Siamo in buona posizione per quanto riguarda il livello di «connettività», piazzandoci al 19° posto in Europa con un significativo incremento della copertura della banda larga veloce che ha raggiunto il 90% delle famiglie, superando la media europea.

Per quanto riguarda invece la banda larga ultraveloce (100Mbps e oltre) l’Italia appare ancora in ritardo, con una percentuale del 24% contro una media europea del 60%. Sostanziali miglioramenti potranno derivare dal finanziamento del progetto «WiFi Italia it» che, partito nel 2017, consentirà agli utenti di connettersi facilmente ad una rete WiFi gratuita e capillare in tutto il Paese.

Sul fronte del «capitale umano», che fa riferimento alle competenze digitali di base e superiori, l’Italia è al di sotto della media Ue. In particolare, solo il 44% degli individui tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (57% in Europa) e solo il 92% delle persone di età compresa tra i 16 e i 24 anni usa abitualmente internet, il che ci posiziona all’ultimo posto in Europa dove la media è del 97%. Si rende necessario, quindi, destinare maggiori risorse al «Piano nazionale per la scuola digitale», lanciato nel 2015, soprattutto nell’istruzione primaria e secondaria, visto che solo il 20% degli insegnanti ha sino ad oggi effettuato corsi formativi di alfabetizzazione digitale e il 24% delle scuole manca ancora di corsi di programmazione. Risultiamo ben al di sotto della media Ue anche per quanto riguarda «l’uso di servizi internet», visto che il 19% degli individui residenti in Italia - quasi il doppio della media Ue - non ha mai usato internet.

Sul fronte della «integrazione delle tecnologie digitali» da parte delle imprese, l’Italia si dimostra ancora inadeguata a sfruttare appieno le dilaganti opportunità del commercio online, posizionandosi al 23° posto, anche qui ben al di sotto della media Ue (41,1%). Evidentemente, non si sono ancora dispiegati appieno gli effetti del «Piano imprese 4.0», finalizzato proprio ad accompagnare le imprese nelle nuove sfide. Molto importante sarà inoltre accrescere la consapevolezza della rilevanza della digitalizzazione nelle numerosissime Pmi che scontano ancora un grave ritardo. Infatti, solo il 10% delle Pmi vende online (contro una media Ue del 17%), solo il 6% effettua vendite transfrontaliere e solo l’8% dei ricavi proviene da vendite online. Tra le nostre principali criticità anche la scarsa interazione tra le autorità pubbliche e l’utenza, visto che ancora oggi solo il 37% dei cittadini invia moduli online. Sul fronte dei «servizi pubblici digitali» le cose vanno un po’ meglio. Siamo ottavi nell’Ue nei servizi di sanità digitale, mentre per quanto riguarda gli «open data» siamo addirittura i quarti in Europa.

Ciò che in definitiva emerge come quadro generale dell’indice Desi è uno stato della digitalizzazione che nel nostro Paese, nonostante alcuni indubbi passi in avanti compiuti, arranca ancora pericolosamente rispetto alla media europea. Il raggiungimento di una piena «maturità digitale» rappresenta per ogni Paese un imprescindibile presupposto di crescita e, ancor prima, di sopravvivenza socioeconomica. Ciò dovrebbe suggerire ai nostri governanti non solo l’adozione d’interventi mirati ad accrescere il livello di digitalizzazione, bensì l’adozione di una sistemica strategia d’investimenti che riconosca non solo «a parole» la centralità al sistema educativo e all’abilitazione all’innovazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA