L’Ue produce
i vaccini
ma non ha
i brevetti

Sono milioni di dosi che vanno in oltre 30 Paesi in giro per il mondo, ma non in Europa. L’Europa i vaccini li produce e li esporta, ma non sono europei. I brevetti sono al di là dell’Oceano e della Manica. Le industrie farmaceutiche Pfizer, Moderna sono americane, Astra-Zeneca è anglo-svedese. La componente europea c’è ed è anche determinante in termini di ricerca scientifica. Il vaccino BioNTech è tedesco, è stato scoperto a Magonza, ma senza gli impianti produttivi del gigante Pfizer, rimane dov’è. Sono i numeri che contano e quindi le capacità industriali di farne un farmaco di massa. In Europa ci sono colossi di peso dalla francese Sanofi alla tedesca Bayer per citare i marchi più famosi ma si muovono secondo logiche esclusivamente aziendali.

Vuol dire che pensano al farmaco più profittevole, che offre più margini di guadagno e che in prospettiva assicuri un ritorno. I vaccini sino ad un anno fa erano considerati poco redditizi. Poi è arrivata la pandemia e mentre in America Barda (Biomedical Advanced Research and Development Authority) era già da anni operativa in Europa si davano sovvenzioni, come per esempio ad Astra-Zeneca ma senza un piano di sviluppo complessivo. Inoltre il governo americano dà 10 miliardi di dollari a Warp Speed perché aiuti, costi quel che costi, la ricerca e soprattutto l’ implementazione del processo vaccinale, Manca e mancava in Europa una strategia comune sul piano sanitario. Il motivo è presto detto: la sanità è di competenza dei singoli Stati.

Ma adesso ci siamo accorti che il virus non guarda alle frontiere e che a livello continentale ci vuole una politica sovranazionale di prevenzione e contenimento. Ed il motivo è semplice: l’Europa è ricattabile. E se non si esce per tempo dalla pandemia il crollo economico sarà tale da portare l’Unione Europea a rimorchio di America e Cina. Una dipendenza fatale che espone l’Unione Europea alle scorciatoie di chi pensa di ribellarsi e tornare agli Stati nazionali come nel secolo scorso. La pandemia ha portato alla riscoperta dello Stato. Quel contratto sociale stipulato dai cittadini affinché il bene pubblico non diventi un affare privato. Ed è questo che i cittadini percepiscono in tutta Europa. Capiscono che nei momenti di difficoltà ci si deve unire. Ma dietro l’angolo c’è anche la tentazione del nazionalismo. Pensiamo alla Germania: avrebbe tutto per potere essere indipendente, ha due vaccini BioNTech, già operativo, Curevac in arrivo. Quest’ultimo verrà prodotto dalla multinazionale Bayer, il che permette non solo l’autosufficienza ma anche la prospettiva di una presenza internazionale. La maggioranza dei cittadini tedeschi forse potrebbe essere tentata ma non la grande industria e la classe dirigente. Con giganti come la Cina, gli Usa, la Russia stessa, l’India cosa può fare un singolo Stato con 82 milioni di abitanti su una superficie di 357 mila kmq? Farebbe la fine della Svizzera, ma senza avere il suo passato di neutralità. In Europa non può passare che chi è più forte si accaparra il bottino e lascia gli altri a piangere o pietire. Perché l’identità europea è proprio questa, la convinzione, ormai radicata che l’uomo ha bisogno di giustizia e che non c’è sviluppo senza equità.

Ecco perché lo stop di Draghi all’esportazione in Australia di 250 mila dosi del vaccino Astra-Zeneca ha segnato un punto di svolta. Ha dato consapevolezza ad un comune sentire. Nel Paese dei canguri non hanno morti e i contagi sono minimi. Astra-Zeneca non rispetta i contratti e le forniture con l’Europa e poi esporta dove ritiene sia conveniente. Le multinazionali pensano di poter dettar legge ad una Ue disorientata e esposta ai ritorni nazionali. Con Draghi hanno scoperto che l’ Europa c’è e ha battuto un colpo.

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