Matrimonio, l’amore come scelta concreta

IL COMMENTO. «Per quanto tempo vorreste vivere e condividere il vostro amore? Per un giorno? Un mese? Un anno?». «Ma scherzi?». «Per quanto allora?». «Ovviamente Per sempre!». «E allora perché non vi sposate?». Di fronte a quest’ultima domanda «piovono» spesso risposte come queste: «Non so…»; «Lui non vuole»; «Non me l’ha mai chiesto»; «E se poi non funziona?»; «Perché mai dovremmo sposarci: stiamo bene così».

Si dice che i giovani non si sposano per ragioni economiche; in realtà devo dire che è raro sentire questa come la motivazione più importante. Strano vero? A Seriate sembrano prevalere le risposte citate, sia in merito a scelte di matrimonio religioso sia riguardo a quello civile. Andrebbe certo fatta un’analisi approfondita su quanto sta succedendo rispetto a queste poche righe. Una prima riflessione però è certa: questo dovrebbe diventare un tema importante non per i soli sacerdoti o credenti ma per l’intera società e, in essa, dei governanti. E non saranno solo leggi o finanziamenti a cambiare l’attuale direzione quanto la nostra capacità di ridire il senso e la stima verso una scelta fondamentale come questa.

Mi sembra tuttavia che oggi si possano individuare due grandi ragioni di disaffezione verso il matrimonio. La prima legata alla scarsa percezione del significato sociale e comunitario - civile e religioso - delle scelte che facciamo. In questo nostro tempo sembra prevalere la convinzione che «il centro del mondo sono io» e posso quindi «scegliere solo ciò che voglio e mi piace»… Agli altri non devono importare le «mie» decisioni. Salvo poi caricare sulla comunità, come diritti, certi problemi. Un esempio è la richiesta di avere nidi per tutti e, soprattutto, che questi siano gratuiti, perché sostenuti proprio da quella comunità che si vorrebbe tener fuori…

La seconda ragione è il timore che potrei sposare la persona sbagliata e che quindi questa scelta non funzioni. Meglio allora «non legarsi», pensando che se sbaglia si potrà cambiare: come si cambiasse una maglietta… Probabilmente si valuta troppo poco che quando una coppia che convive decide di separarsi vive lo stesso dramma affettivo e lo stesso fallimento di chi è sposato. Inoltre, gli eventuali problemi di gestione di beni condivisi nella convivenza sono i medesimi, sposati o meno. È tutto ugualmente devastante, soprattutto quando ci sono di mezzo dei figli.

C’è anche un’ulteriore riflessione, che mi inquieta, alimentata anche da alcuni fatti di cronaca, sempre legata alla scelta di non sposarsi neppure quando arrivano dei figli. A me è capitato di perdere improvvisamente un fratello di soli 32 anni, con una bimba di soli 3 mesi. Un dolore straziante, che ha chiesto a tutti noi familiari di imparare a convivere gradualmente con questo lutto. Alla tragedia non si è almeno aggiunta la componente economica e questo proprio in virtù del legame matrimoniale che avevano i genitori: ha consentito alla sua famiglia di avere un adeguato sostegno. È vero che, per fortuna, tragedie come queste sono rare ma quando succedono e riguardano giovani famiglie, io, forse per via di quanto ho vissuto, senza esprimere giudizi, non riesco ogni volta a non pensare quanto sia importante non lasciare che alla tragicità imprevedibile si unisca anche il rimpianto di non aver «sistemato» il futuro delle persone amate. Quando la scelta matrimoniale è segnata e motivata dalla fede è perché i due hanno riconosciuto nell’amore del Padre l’alto modello della loro unione, quello a cui puntare ogni giorno. Qualora le motivazioni del matrimonio fossero differenti da quelle dei credenti, auguro a ogni coppia di poter incontrare la realtà di una bella comunità, che li può aiutare e sostenere, insieme con i loro figli, in modo tutto particolare qualora la vita dovesse riservare loro svolte dolorose. Auguri a tutti coloro che amano e che sanno vivere questo amore proprio attraverso gesti e scelte concrete.

*Arciprete di Seriate

© RIPRODUZIONE RISERVATA