
L'Editoriale / Bergamo Città
Giovedì 01 Ottobre 2020
Meno figli, assurda
teoria ecologista
È l’ennesima soluzione semplice di un tema complesso. Eppure se ne straparla dappertutto ed è anche uno dei temi della pessima campagna elettorale americana. L’idea non è nuova e potrebbe anche essere una buona soluzione. Ma dipende dal punto di vista. Come si fa a salvare il pianeta e ad evitare la catastrofe climatica? Semplice, facendo meno figli. La soluzione estrema della decrescita felice dell’umanità è tagliare l’uomo e non i consumi inopinati, cioè i sovra-consumi inutili e folli, e ricostruire una diversa economia chiamata «circolare» dove gli sprechi s’abbattono e dove il riciclo è pratica virtuosa. No, troppo complicato, meglio usare l’accetta e cancellare l’impronta ecologica, nel senso di non calcolarla più. Meno gente, meno consumo, meno CO2. Soluzione lapalissiana, talmente ovvia da essere ridicola.

Eppure ci sono fior di rapporti, studi e analisi, anche se la cosa non è affatto nuova datando almeno dal 1968 quando apparve un volume che fece storia e polemica dal titolo già allora evocativo «Population bomb». L’ultimo della filiera è uno studione della Università svedese di Lund, che ha elaborato una quarantina di altri studi e report ambientalisti di mezzo mondo, per arrivare alla conclusione che mettere mano a buone pratiche di ecologia integrale costa troppo e dunque occorre diminuire la popolazione. Il calcolo che si fa è quello dell’impronta ecologica che ognuno di noi ha, esattamente come le impronte digitali, e indica quante emissioni produciamo. I professori svedesi hanno calcolato che un bambino che nasce oggi produce ogni anno 60 tonnellate di CO2 all’anno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA