Montelungo e Colleoni: la partita del futuro

Nella vita di ogni città ci sono scelte in grado di cambiarne davvero il volto, di creare cioè effetti su più piani. La partita (difficilissima) delle ex caserme Montelungo e Colleoni è una di queste, tenacemente giocata negli anni da Comune e Università in primis, con il recente (e fondamentale) apporto economico della Regione e sullo sfondo il ruolo decisivo di Cassa depositi e prestiti, già protagonista di un altro intervento importante a Bergamo, quello sugli ex Riuniti diventati sede dell’Accademia della Guardia di Finanza.

Ecco, se nel caso del complesso di largo Barozzi tutto è filato senza intoppi rilevanti, sulle ex caserme siamo di fronte a un percorso ad ostacoli. Continui. Dopo 6 anni dalla sottoscrizione dell’accordo di programma e a 2 dall’atto integrativo che ne ha rivisto termini e destinazioni nella direzione di un campus (a forte vocazione residenziale, ma non solo) universitario siamo ancora fermi al palo. La palla è tornata nel campo della «commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimative» (questo il nome completo) dell’Agenzia per il Demanio e questa volta ce l’ha mandata l’Università che vuole avere conferme sul valore economico delle prestazioni individuate nell’ipotesi di concessione di tre opere che dovrebbero coprire i 2,6 milioni di euro di differenza nell’operazione. Frutto di un’altra perizia (obbligatoria) della commissione medesima.

La vicenda è ingarbugliata e in un certo senso frutto anche di decisioni del passato, come la cessione a Cdp di immobili statali da parte dei vari ministeri con il solo scopo di fare cassa: procedura che spesso li ha di fatto resi non collocabili causa valutazioni fuori mercato e ingessato ogni possibilità di sviluppo. La vicenda (ora fortunatamente in via di risoluzione) dell’ex Centro servizi al confine con Azzano San Paolo ne è un fulgido esempio. In questo caso va detto che la soluzione trovata per il comparto Colleoni-Montelungo è frutto di una tenace trattativa tra le parti, di disponibilità anche reciproche (chi più, chi meno), ma comunque delicatissima dal punto di vista degli equilibri. L’auspicio è che quest’ultima (speriamo) verifica chiesta si compia in tempi brevi, magari con le giuste e auspicabili attenzioni (e pressioni, nel caso) delle nostre rappresentanze parlamentari.

La verità è che la sola cosa che non si può più perdere in questa vicenda è il tempo. Quella riconversione è strategica per più di un motivo: urbanisticamente raccorda interventi come il restyling dello stadio, Chorus Life, la nuova Gamec nell’ex palasport, le ex Canossiane, il recupero dell’hotel Commercio di via Tasso e in nuovo quartiere nell’ex sede Italcementi al centro, raddoppiandone di fatto l’estensione. Un autentico pivot nella trasformazione di questa parte della città. Ma ancora più importante è il suo ruolo nelle dinamiche sociali e nella voglia di futuro di Bergamo.

Se l’aeroporto è la porta verso l’Europa, l’Università è il vero valore aggiunto della crescita della nostra comunità, sia dal punto di vista sociale che della formazione. Sono 24mila gli studenti iscritti, ipotizziamo anche solo un 5% di fuorisede, fanno 1.200: quanti posti letto non di privati ma in pensionati può offrire l’Università oggi? Solo 160. Bastano questi numeri per capire l’importanza dell investimento sulle ex caserme, diversamente i giovani sceglieranno altre città universitarie e ci perderemo tutti. Per questo non si può più perdere tempo, indugiare in tatticismi o altro: «Sono 10 anni che aspettiamo» avrebbe detto nell’ultimo Cda il rappresentante degli studenti davanti al rischio di un protrarsi dei tempi. Dieci anni, fanno due corsi di laurea completi. Non serve aggiungere altro.

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