Nascite in calo, ascoltiamo Musk

«Se questa tendenza continuerà, in Italia non ci saranno più persone». Così l’imprenditore sudafricano (naturalizzato statunitense) Elon Musk, ha commentato sui social network il forte calo delle nascite cui assistiamo in Italia da decenni. Il nostro declino in termini di popolazione non è una novità: nel 2021 le nascite in Italia sono scese sotto quota 400mila per la prima volta nella nostra storia, a fronte di 709mila decessi.

L’andamento è segnato almeno dall’inizio degli anni 90: i nostri concittadini mediamente invecchiano molto - e questo è un bene, intendiamoci - ma sono sempre meno numerosi i giovani. La novità è che una simile tendenza sia oggetto di attenzione da parte dell’uomo più ricco del pianeta, noto più per i suoi successi imprenditoriali - dall’auto elettrica Tesla ai viaggi spaziali di Space X, oltre che per il più recente tentativo di rilevare Twitter per circa 44 miliardi di dollari - che per il suo interesse per la demografia. Eppure non è la prima volta che Musk mostra di avere a cuore lo stato di salute della popolazione.

Qualche settimana fa, col suo solito stile un po’ abrasivo, aveva profetizzato la futura scomparsa della popolazione nipponica, notando come ormai in Giappone si vendano più pannoloni per anziani che pannolini per bambini. A Tokyo non hanno gradito i toni dell’imprenditore, ma è difficile negare gli scompensi demografici da record presenti anche nel Paese asiatico. Si deve forse prendere sul serio l’istrionico Musk quando si occupa di demografia? Ci sono buone ragioni per ritenere di sì. Innanzitutto gli va riconosciuto il merito di aver sollevato un tema, quello del malessere demografico appunto, che fatica a conquistare spazio nel dibattito pubblico dei Paesi occidentali, nonostante le sue conseguenze sociali, psicologiche ed economiche siano ormai macroscopiche e acclarate.

Riportando alla ribalta il tema del declino delle nascite, inoltre, Musk non si è fatto scrupolo - sempre a colpi di tweet - di contrastare la vulgata secondo la quale in Occidente non si farebbero figli a causa dei redditi in calo per questa o quell’altra crisi economica. Lo ha fatto ironizzando - lui che di figli ne ha sette - sul numero crescente di suoi amici e colleghi ricchissimi che di pargoli invece ne hanno zero. Inoltre, Musk non ricorre a eufemismi per trattare una delle tendenze più decisive dell’epoca contemporanea. Lo scorso anno, intervistato dal «Wall Street Journal», uno dei principali quotidiani finanziari americani, aveva affermato per esempio: «Non posso smettere di ripetere che non ci sono abbastanza persone. Se non avremo più figli, la civiltà collasserà. Segnatevi queste parole». Se poi ci chiediamo perché Musk parli così spesso di demografia, ecco allora che il discorso si fa ancora più interessante e originale, se possibile. Il sogno del fondatore di Tesla e Space X, per usare le sue stesse parole, è quello di contribuire - con le sue creature imprenditoriali - a far diventare «multiplanetaria» la specie umana, dunque non più costretta a vivere soltanto sulla Terra. Il progetto potrà far sorridere, ma questo è il motivo per cui Musk più volte si è chiesto pubblicamente: chi vorrà mai andare su Marte in futuro, se nei prossimi decenni ci avvicineremo all’estinzione qui sulla Terra?

Un ragionamento in apparenza paradossale, che nasconde tuttavia un’idea di società non schiacciata sul solo presente. Nel dibattito attuale sulla popolazione, infatti, riaffiorano spesso - in modo più o meno esplicito - ragionamenti maltusiani che vedono nei nuovi nati (soltanto) delle «bocche» da sfamare con crescente difficoltà a causa delle risorse che diminuiscono a livello mondiale. I maltusiani, seppur finora smentiti dalla storia, trovano a volte alleati tra quelli che potremmo definire gli «utilitaristi»: per loro i nuovi nati sono (soltanto) «braccia» per future occupazioni lavorative necessarie in questo o in quel Paese, caselle da riempire magari grazie ai flussi migratori da Stati più popolosi verso Paesi meno popolosi. Il «tecno-ottimista» Musk, invece, nei nuovi nati vede dei «cervelli» in più, capaci di chissà quale altre mirabili innovazioni in grado di migliorare il futuro, e per questo da accogliere in numero sempre maggiore. Un atteggiamento, quest’ultimo, che all’Italia potrebbe senz’altro giovare.

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