Per ripartire
le risorse
da sole
non bastano

Può una tragedia essere un’occasione di rilancio? Sì, e nel caso del Covid-19 deve esserlo. L’Italia è stata investita dalla pandemia dopo due decenni di bassa crescita, con il progressivo consolidamento delle sue debolezze strutturali: la burocrazia, la giustizia, il frazionamento del sistema produttivo, il peggioramento del sistema formativo eccetera. L’emergenza sanitaria ha colpito duramente famiglie e imprese, soprattutto quelle più piccole, più fragili, le più esposte all’interruzione dell’attività per le chiusure generalizzate: il turismo, la ristorazione, l’intrattenimento e lo spettacolo, il commercio al dettaglio.

Ma non tutto si è fermato, ci sono settori che vanno a pieni giri, altri addirittura rilanciati dalla pandemia, il secondo semestre conoscerà un importante recupero del Pil e l’export è già tornato ai livelli precedenti. Ecco perché il messaggio del Governatore Visco è insieme un incoraggiamento e uno sprone: perché il quadro complessivo non è così negativo come la cronaca spicciola tende a rappresentarlo e perché abbiamo in noi l’occasione per una svolta che insieme alla crisi del Covid rimuova le troppe incrostazioni che attardano il sistema economico e sociale del nostro Paese.

Dopo lo shock della pandemia occorre una scossa, di forza uguale e contraria, per innescare un rilancio che serva anche per chiudere le divaricazioni che in questi due anni si sono addirittura accentuate. Le misure per attutire l’impatto del Covid sono state imponenti sia in Italia sia all’estero, e fortunatamente sono state azioni convergenti, che si sono esplicate sia sul piano della politica monetaria sia degli interventi pubblici. I sussidi diretti e i rinvii di imposte si quantificano in 45 miliardi per il 2020 e altrettante sono previste per il 2021; il piano per la liquidità delle imprese ammonta a 750 miliardi. La contropartita è stato l’aumento del rapporto fra debito pubblico e Prodotto interno lordo al 160%, 60 punti percentuali in più della media europea. Il ritorno sui valori del 2019 sarà lento, affidato più all’aumento della ricchezza interna che a manovre lacrime e sangue stile Trojka: se il Paese tornerà alla crescita, basterà un avanzo primario dell’1% all’anno per dimostrare la sostenibilità del nostro debito.

Adesso bisogna intraprendere il percorso di graduale rimozione dei sostegni pubblici, perché – ammonisce il Governatore – un’economia sana non può basarsi strutturalmente su sussidi e incentivi indiscriminati. E questa è già una prova impegnativa, che si accompagnerà alla sperata azione di rilancio del piano europeo Next Generation, la vera e più formidabile sfida che abbiamo davanti. Le premesse per un successo storico ci sono tutte: tante risorse e tante riforme da attuare. Ecco, questo è il punto critico: bisogna essere consapevoli che le risorse da sole non bastano, anche perché ci sarà l’occhiuta supervisione dell’Unione Europea sulle modalità di spesa e soprattutto sull’attuazione delle riforme. Il messaggio dell’Europa è sostanzialmente questo: c’è disponibilità a dare tanti fondi e a tollerare un debito enorme ma solo a fronte di un grande impegno per rimuovere le maggiori criticità del sistema Italia. Mi sembra un messaggio condivisibile.

Il rilancio, lo sappiamo, parlerà digital e green. La novità è il forte accento che il Governatore ha messo sulla sostenibilità ambientale delle politiche finanziarie, in linea peraltro con il nuovo orientamento della Bce che, per esempio, favorirà nella sua regolamentazione i prestiti alle imprese più attente all’impatto ecologico della loro attività. È molto più di un segnale.

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