L'Editoriale
Martedì 02 Dicembre 2025
Pietrangeli e quell’Italia trionfatrice in Coppa Davis
ITALIA. Difficile immaginare due uomini più diversi di Nicola Pietrangeli e Jannik Sinner. Icona della genialità il primo, simbolo della dedizione il secondo. Separati da 68 anni, che nello sport sono qualche era geologica. Eppure, nelle ore in cui è venuto a mancare lo storico ambasciatore del tennis italiano, questi due nomi sono apparsi per qualche motivo più vicini che mai, almeno agli occhi di chi ha voglia di fare uno sforzo oggi sempre più raro: ricordare la storia da cui proveniamo.
Perché se Jannik, adesso, si trova a essere il leader di un’Italia con racchetta mai così bella, il merito è anche di coloro che hanno cominciato, a metà del secolo scorso, a rendere il tennis una questione popolare. Fino al recente approdo al vertice dell’altoatesino, Pietrangeli è sempre stato il vero punto di riferimento tricolore per i grandi trionfi. Perché fu il primo a vincere uno Slam, l’unico a metterne in bacheca due, ma fu pure il capitano della storica Davis del 1976, quella con Adriano Panatta e Paolo Bertolucci a esibire le loro magliette rosse nel Cile di Pinochet. Quel successo che porta il nome di Nicola ben impresso sull’Insalatiera, poiché fu lui a volere più di tutti una trasferta ai tempi politicamente scorretta.
Tra Pietrangeli e Sinner ci sono stati gli anni Settanta, quelli di Panatta e Bertolucci appunto, o di Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli. Quattro campioni che avevano avuto in Nicola una guida, più che un capitano. Nessuno poteva copiarne l’esempio, perché il talento di quell’autodidatta che aveva avuto come maestro solo «un vecchio muro di Tunisi» era impossibile da replicare. Ma ognuno poteva cercare un’ispirazione nella sua storia, in quell’ambizione giocosa che si preoccupava maggiormente del pubblico, del divertimento, invece che degli avversari. Panatta e Bertolucci, in questo, seppero in qualche modo seguirne le orme, facilitati dal loro braccio fatato, mentre Barazzutti e Zugarelli dovettero lavorare duramente per sopportare la fatica di restare competitivi.
(Foto di ANSA / ansa)
Dopo quella generazione, per quasi 50 anni, abbiamo sofferto, nascondendo il tennis sotto qualche coperta polverosa, come quei regali fuori moda da cui non ti vuoi disfare ma che non sai proprio come presentare agli amici. Abbiamo vissuto la doppia retrocessione in Davis, abbiamo sopportato un lungo periodo di delusioni durante il quale abbiamo imparato a essere meno provinciali, a tifare per la bellezza prima che per la bandiera. Chiedendo ogni tanto qualche parere a Pietrangeli, che nel frattempo diventava un personaggio mainstream, oltre il tennis e oltre lo sport.
La verità è che Pietrangeli è stato capace di essere un fenomeno nel contesto del suo tempo, quanto Sinner è in grado di esserlo oggi, in un mondo che al genio degli anni Sessanta ha sostituito la disciplina, i mental coach e le botte a duecento all’ora
Negli ultimi anni, passo dopo passo, ci siamo ricostruiti una storia. Quel vecchio regalo chiamato tennis è stato tolto dagli armadi, ripulito dalla polvere, rimesso in circolo e poi finalmente tornato di moda. Prima Matteo Berrettini, poi Jannik Sinner e tutti gli altri: i Musetti, i Cobolli, i Sonego, una valanga mai vista. Slam che arrivano in serie (quattro, tutti di Jannik), tre Davis di fila: qualcosa di impensabile fino a dieci anni fa. Quando è stato chiaro che Sinner sarebbe andato a battere i primati di Pietrangeli, sono stati in tanti a giocare sulle dichiarazioni del grande ex, che faticava ad amare il tennis contemporaneo ma al contempo nutriva per quei giovani una profonda ammirazione, ben dissimulata da qualche stoccata accompagnata dal consueto sorriso.
La verità è che Pietrangeli è stato capace di essere un fenomeno nel contesto del suo tempo, quanto Sinner è in grado di esserlo oggi, in un mondo che al genio degli anni Sessanta ha sostituito la disciplina, i mental coach e le botte a duecento all’ora. Bellezze diverse in mondi diversi, impossibili da confrontare, ma con la capacità di creare una moda, un sogno, un esempio in cui potersi specchiare.
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