Quei buchi nelle strade e nei conti pubblici

ITALIA. La sola sicurezza sta nei nuovi tagli alle Province, il 70% delle risorse che il ministero (delle Infrastrutture e Trasporti) aveva stanziato per dare una sistematina alla rete viabilistica bergamasca.

In soldoni si passa dai 6 milioni e 880mila euro previsti per il 2025 e il 2026 a poco più di 2, in asfalto da rifare da 50 chilometri a 17, metro più, metro meno. E siccome le cattive notizie non vengono mai da sole, per il 2029 sarebbe previsto il completo azzeramento delle risorse per questo capitolo di spese: su cosa invece accadrà per il biennio 2027-28 non è lecito per il momento sapere. Normale che Pasquale Gandolfi, nella duplice veste di presidente dell’Upi, l’Unione delle Province italiane, e della Provincia di Bergamo abbia fatto un salto sulla sedia e fermato di botto l’iter degli interventi previsti in attesa di buone nuove, o comunque di nuove. Fermo restando che il timore di tutti, anche abbastanza legittimo visti i chiari di luna, è che anche per gli anni finora sfuggiti al taglio i fondi siano destinati a sparire, prima o poi.

I conti non tornano

La sola speranza, in burocratese stretto, è quella di trovare nelle more dei conti pubblici le risorse tagliate e (ri)metterci ancora una toppa nell’attesa del prossimo inciampo. Perché normalmente è così che funziona in questo strano Paese, dove gira e rigira i conti non tornano mai e il problema scivola sempre di più ai livelli inferiori di qualsivoglia organizzazione territoriale. Materia sulla quale gli enti locali, letteralmente massacrati su ogni fronte da parecchi anni in qua (senza distinzione di colore politico di governo, va sottolineato), avrebbero molto da dire considerando che ogni anno assicurare il giusto livello dei servizi è sempre più difficile.

Tappare le buche

Giusto in due sensi: adeguato alle esigenze di comunità in continua e sempre più rapida trasformazione (e dove i bisogni soprattutto sociali sono in costante aumento), ma anche alla pressione fiscale sostenuta dai cittadini. E qui bisogna essere franchi: inutile affermare che sia rimasta invariata a livello nazionale per poi scaricare i problemi sulla fiscalità locale. Perché è così che da tempo si prova a risolvere i problemi dei conti pubblici col più classico degli scaricabarile. Ma in verità non si risolve proprio nulla, visto che anno dopo anno la coperta è sempre più corta e i margini d’azione ridotti al minimo. Lo sanno benissimo gli enti locali costretti ormai a fare i salti mortali anche per tappare le buche sulle strade, perché è di questo che stiamo parlando, non di opere faraoniche.

Il taglio dei fondi

Quelle semmai potrebbero beneficiare dei tagli fatti alle Province, visto che le risorse per il 2025 e 2026, annunciate nel 2022 e sparite in queste settimane, sarebbero destinati a finanziare alcune grandi opere ferroviarie sul territorio nazionale, quelle dal 2029 in poi al Ponte sullo Stretto. E qui c’è poco da aggiungere... Per la cronaca, a chiudere il cerchio, è ipotizzato anche un taglio del 50% dei fondi assegnate alle Province sempre per la sicurezza stradale nel periodo 2030-2036. Insomma un quadro drammatico, senza mezzi termini.

Il prezzo dei ritardi

Nell’attesa che il ministero guidato da Matteo Salvini (segretario di un partito che, al netto dei recenti sbandamenti nazionalisti, un occhio di riguardo ai territori dovrebbe averlo, almeno così si suole dire...) batta un colpo, facile che la soluzione tampone verrà ancora trovata a livello locale, ovvero risparmiando dove possibile per recuperare almeno parte delle risorse necessarie a quegli interventi minimi. Ma è di tutta evidenza che così è impossibile andare avanti, anche perché (al netto dei pericoli quotidiani) come acutamente osservato dal presidente della Provincia di Modena «ogni anno di ritardo sulla manutenzione comporta un incremento pari a 4 volte il costo iniziale, per l’anno successivo». E con il passare degli anni non si esaurisce solo lo spessore del manto stradale, ma anche la pazienza degli amministratori.

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