Quel bene che manda avanti il mondo

Il commento. È una festa particolare la solennità di tutti i santi. Non è una festa cumulativa per ricordare anche quei santi meno noti, che nei dettagliatissimi calendari delle nonne non trovano posto. I santi, «quelli veri», si conoscono bene dai loro segni distintivi, dalle aureole e dai miracoli, dalla luce che profonde dalle loro mani e dall’eroismo delle loro virtù. Stanno sui piedistalli perché sembrano avere poco a che fare con il razzolare quotidiano del resto del genere umano, in cui ci si sporca di fango. Sono pochi, e sono eccezionali. Devono essere eccezionali.

La retorica che dipinge la santità come eroismo è però piuttosto tardiva. San Paolo, all’inizio dell’avventura cristiana, chiama santi tutti i cristiani, indistintamente. Tutti coloro che credono in Cristo, con i loro peccati, il loro livello, le loro fatiche e i loro dubbi. Una santità che quindi non è lo sforzo ascetico di chi è diventato l’uomo che non sbaglia mai, che sa sempre la cosa giusta da fare, che non ha difetti, che non fatica mai ad andare a Messa… Ma una santità che sa di casa, di vita, di cosa a portata di mano. L’intuizione geniale e originale del cristianesimo è che gli uomini illustri della storia di fede non sono coloro che vivono in modo straordinario, ma che vivono la loro fede ordinariamente, nelle cose di tutti i giorni. Le donne e gli uomini veri, in carne e ossa. L’eroismo romantico e la perfezione del superuomo non sono la santità cristiana: i santi sono coloro che provano a lasciare che qualcosa della propria vita cambi a partire dall’incontro con Cristo. Pietro il traditore, Paolo che uccideva i cristiani, Francesco che pensava al proprio divertimento e alla propria realizzazione… C’è posto per tutti i non straordinari della storia nella santità, resi migliori non dalle proprie qualità, ma da qualcosa che viene da fuori di loro. Dalla fede.

Legarci a Lui, aiuta il nostro peggio a non essere l’ultima parola, gli dà possibilità per fiorire

La solennità di tutti i santi ricorda dunque una chiamata al presente. Cioè che i cristiani di oggi sono chiamati a essere santi. È il modo di vivere di Gesù di Nazareth che rende migliori coloro che da se stessi sanno di non essere sempre «abbastanza» per la vita in pienezza. Legarci a Lui, aiuta il nostro peggio a non essere l’ultima parola, gli dà possibilità per fiorire. Spalanca gli abissi di male e di fallimento a un oltre, le cadute alla possibilità di rimettersi in piedi e di prendersi cura del cammino di altri. San Francesco di Sales chiama «devozione» questo legame a Cristo che ci rende santi senza renderci altri da noi stessi e dalla vita che viviamo: «La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò non basta; bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona. Sarebbe conveniente se il vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i cappuccini? Se l’artigiano passasse tutto il giorno in chiesa come il religioso e il religioso si esponesse a qualsiasi incontro per servire il prossimo come è dovere del vescovo? Questa devozione non sarebbe ridicola, disordinata e inammissibile? Questo errore si verifica tuttavia molto spesso. La devozione non distrugge nulla quando è sincera, ma anzi perfeziona tutto e, quando contrasta con gli impegni di qualcuno, è senza dubbio falsa. Tutte le pietre preziose, gettate nel miele, diventano più splendenti, ognuna secondo il proprio colore, così ogni persona si perfeziona nella sua vocazione, se l’unisce alla devozione».

La santità non si esige, si vive. Solo a partire da qui si capisce la festa di ieri

Il miele del legame con Cristo rende santi. Innanzitutto me. Noi. La santità non si esige, si vive. Solo a partire da qui si capisce la festa di ieri: il ricordo di tutti i santi, ma proprio tutti, chiede due cose. La prima è riconoscere i santi senza aureola che attraversano le nostre strade e le nostre esistenze, a volte insospettabili. La seconda è riconoscere quanti santi ci hanno preceduto: siamo dentro una storia di bene che ci permette di esistere e che manda avanti il mondo. Quanti gesti d’amore e di generosità dei santi di tutti i tempi ci hanno accompagnati, a dispetto della forza distruttiva ma spuntata del male. Come potremmo non sentirci chiamati dalla storia a essere responsabili grati del bene ricevuto?

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