Quella foto ci aiuti tutti
Senza testa vince il virus

Capiamoci, però. Perché possiamo stare mesi a raccontarci e a raccomandarci in ogni modo che bisogna usare mascherine, lavarsi le mani ottocento volte al giorno, correre stando attentissimi alle distanze, costringere i ristoratori a metterci seduti in due per stanza. Poi, però, se succede quel che è capitato ieri in Città Alta, allora rischia di diventare tutto inutile. Specie se c’ è chi va in giro con la mascherina sotto il naso, o chi, in mezzo alla folla, se la piazza sotto il mento. Qualche giorno fa è esploso il caso dei Navigli di Milano: gente assembrata, più o meno, con la birretta in mano.

Apriti, giustamente, cielo. Sindaco su tutte le furie e dibattiti infiniti. Ogni città ha i suoi punti deboli. Che sono forti, perché sono i più belli. Ma ora diventano deboli, e la loro bellezza rischia di diventare un’ arma a doppio taglio, una trappola per chi ci va. Non diremo mai di non andare in Città Alta, sia chiaro. Non diremo mai che Città Alta va chiusa di domenica.

Però non si possono vedere situazioni così. Ci vuole la capacità di rinunciare, una volta varcata la soglia della Corsarola, se si capisce che la folla è troppa, che il rischio c’ è. Perché questo va capito: il rischio c’ è. Il nemico invisibile che ci siamo raccontati per mesi, che per mesi fa piangere il mondo, c’ è. Non è partito, non ci ha lasciati qui, non è uscito dal campo. Forse aspetta solo l’ occasione per giocarsi la partita di ritorno, dopo aver stravinto quella di andata.

Vale per ieri, questo discorso, vale per oggi, varrà per i prossimi mesi. In mezzo al diluvio di ordinanze, decreti, linee guida e di indirizzo, la più grande protezione contro il virus non vien da un articolo, da un comma, da un cavillo, ma dal buon senso di ognuno. Quello che ci deve far fare un passo di lato alla fermata del bus, se l’ altro che aspetta si avvicina troppo.

Quello che ci deve far attraversare la strada, se sul marciapiede troppo stretto arrivano tre persone. E quello che va bene andare in Città Alta, perché anche il cuore della nostra città ha diritto di ripartire, e i fine settimana sono cruciali, ma non a costo d’ intrupparsi per forza nel formicaio della Corsarola, uno sull’ altro. Se la gente è già troppa, lì come nei parchi, lì come sulle ciclabili, lì come ovunque, bisogna avere la forza di rimandare a un’ altra volta. Che barba che noia, queste prediche. Ma se non siete convinti del tutto date uno sguardo al sito endcoronavirus.org, che monitora l’ andamento del virus in tutto il mondo. E guardate quanti Paesi, dopo il crollo dei contagi dovuto ai vari lockdown, ora affrontano una seconda ondata.

Non ne conosciamo le specifiche cause, ovvio, ma un’ occhiata a quelle curve forse aiuta a capire che convivere col virus non significa giocarci a nascondino, anche perché vince lui a prescindere. Lui sa sempre dove siamo noi, noi non sappiamo mai dov’ è lui.

Vale per ieri come per oggi, si diceva, perché dopo il 4 maggio l’ altro circoletto rosso sul calendario dice numero 18. Oggi. Le famose e tanto attese riaperture. Bar, ristoranti, parrucchieri eccetera eccetera. Si riapre, ma anche qui deve vincere il buon senso, e il rigido rispetto delle regole imposte da Governo, Regione, Comuni. E anche qui, alla fine, è quasi sufficiente usare la testa, e fare bene quelle poche cose che devono diventare la normalità di tutti i giorni, d’ ora in poi. Le ultime linee guida della Regione ne sono un esempio: ventinove pagine che alla fine, per più o meno tutte le categorie, ripetono: mascherina, misurazione della febbre, lavaggio delle mani, distanza. Le armi che abbiamo sono queste, e siccome il virus c’ è ancora, non c’ è alternativa al rispetto rigido, testardo, senza appello, di queste regole che proteggono me, e insieme l’ altro. Lo abbiamo fatto tutti restando blindati a casa, «scoprendo» all’ improvviso che le tecnologie servono non solo per il futile dei social, ma servono, e tanto, per l’ utile del lavoro: i salotti sono diventati le prime linee di aziende, sono diventati sale riunioni, centri decisionali di ogni tipo. Per tutta questa disciplina ci siamo presi l’ applauso del mondo. Ora rischiamo di prenderci gli sberleffi, con gli interessi: ti pareva, i soliti italiani.

Quindi se arriviamo in un posto e c’ è già troppa gente arrivata prima, giriamo i tacchi. Perché invece procedere e accalcarsi sarebbe - e forse già lo è stato - un imperdonabile assist al virus per un gol a porta vuota. Come gioca l’ avversario ormai dovremmo averlo capito. Vincere è difficile, ma almeno un pareggio con un sano catenaccio, uno 0-0 d’ altri tempi, almeno quello portiamolo a casa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA