Questa Italia fuori binario
fa tremare l’Eurozona

Si sapeva che sarebbe accaduto ed è accaduto: la Commissione europea boccia i numeri della Nota di aggiornamento al Def anche nella versione temperata data nell’ultimo vertice di governo e contenuta nel documento consegnato sia a Bruxelles che al Parlamento italiano. E così Moscovici e Dombrovskis ci danno tempo da qui al 15 ottobre per cambiare rotta, altrimenti la bocciatura formale della manovra economica porterà all’apertura della procedura di infrazione. Mossa molto pesante, ma come detto certo non improvvisa, che punta a condizionare nel profondo la linea del governo di Roma.

Poiché non sono bastati gli avvertimenti informali, si è arrivati a mettere nero su bianco in una sorta di «penultimatum»: possiamo ancora invertire la marcia, riportare il deficit sotto al 2 per cento. Ma lo faremo? Di questo hanno sicuramente parlato l’altro giorno Sergio Mattarella e Mario Draghi in un colloquio che si è voluto presentare come routinario ma che era invece rivestito del carattere dell’eccezionalità. Il Capo dello Stato e il Presidente della Bce si sono visti per discutere di una situazione veramente straordinaria, quasi fuori binari, e dunque pericolosa per tutti, per gli italiani naturalmente ma anche per l’intera zona euro. Poi certo, come prevede la forma istituzionale, si è in seguito detto che l’udienza al presidente della Bce era prevista.

Ma appunto, è forma. La sostanza è che al Capo dello Stato l’autorevole interlocutore è andato a preannunciare la bocciatura della Commissione, antipasto di una identica sanzione che le maggiori agenzie internazionali stanno per pubblicizzare a carico del nostro rating. Tutti elementi di una possibile tempesta perfetta che la Bce non è in grado di parare per la ragione che ha già ridotto e sta per chiudere il QE – l’acquisto dei titoli del debito anche italiano – che per tanto tempo ha protetto il nostro Paese. Tra poco l’ombrello che a Francoforte hanno steso su di noi verrà chiuso e noi potremmo rimanere sotto la pioggia del nostro debito. Solo il cosiddetto «Fondo Salva-Stati» teoricamente potrebbe aiutarci, ma in primo luogo l’Italia non è come la Grecia o il Portogallo, e per sostenerla occorrerebbero ben altre risorse di quelle in dotazione, e poi ci sono Paesi che hanno già fatto sapere che si opporrebbero a un simile salvataggio. Che, beninteso, equivarrebbe a essere commissariati dall’Europa.

Mattarella e Draghi sicuramente concordano sull’impressione che a palazzo Chigi non abbiano ben capito che rischi stiamo correndo, che sottovalutino le circostanze negative, che siano un po’ troppo ingenuamente convinti che basti tener duro da qui alle elezioni europee di maggio e aspettare che l’ondata sovranista in tutta l’Unione travolga gli equilibri politici sovranazionali che «ci hanno imposto la povertà». In effetti la sensazione che hanno Draghi e Mattarella poggia sia sull’arrendevolezza del ministro dell’Economia Tria sia sulle polemicissime dichiarazioni sia di Di Maio sia di Salvini che hanno ripetuto fino a ieri pomeriggio: «Noi andiamo avanti per la nostra strada, se ne faranno una ragione», «noi tra lo spread e i cittadini scegliamo i cittadini», «noi non ci facciamo condizionare da gente come Moscovici o Juncker», e via polemizzando. Tutte parole che sia Moscovici che Juncker – attaccato anche sotto il profilo privato – hanno rintuzzato con identica verve polemica. E adesso è arrivata la bocciatura. Come reagiranno a palazzo Chigi? Si assumeranno la responsabilità del precipitare della situazione? In gioco ci siamo noi, sicuramente, ma c’è anche l’intera costruzione dell’eurozona che difficilmente potrebbe resistere a un’«Italexit» che pure, pare di capire, alcuni falchi del Nord coltivano neanche troppo segretamente.

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