Questo paese che non gira
stanco prima del virus

Come ogni anno il Rapporto del Censis fornisce la fotografia degli italiani e allega in omaggio un bel titolo, sempre molto suggestivo, solitamente coniato dal suo fondatore Giuseppe De Rita, a sicuro uso e consumo di Tg e giornali. Quest’anno la metafora – o meglio, l’allegoria – del sistema-Italia è quella della «ruota quadrata». Niente di meglio per descrivere un Paese che non gira, come un’automobile dei Flintstones: «Avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno eccezionale, sotto i colpi dell’epidemia». Tutto questo per descrivere una società lasca, rassegnata e colpita dal virus come un toro affannato infilzato dalle banderillas.

Il virus, recita il 54° rapporto, «ha colpito una società già stanca». Quest’anno però siamo stati incapaci di visione e «il sentiero di crescita prospettato si prefigura come un modesto calpestio di annunci già troppe volte pronunciati: un sentiero di bassa valle più che un’alta via». Ci siamo rassegnati all’incapannamento, non spendiamo e non facciamo progetti, anche perché sappiamo bene che non c’è altra strada fino all’arrivo dei vaccini. Il rapporto rivela che quasi l’80 per cento degli italiani si dice a favore della stretta in vista delle prossime festività. Lo shopping non ci tira su di morale. Siamo diventati un Paese di Tyrex, col braccino corto, il 54,6 per cento spenderà di meno per i regali da mettere sotto l’albero; il 59,6 per cento taglierà le spese per il cenone dell’ultimo dell’anno, anche per le ovvie conseguenze delle restrizioni. In pratica, la tredicesima – per chi ce l’ha – finirà sotto il materasso.

Le conseguenze le vedremo nel 2021, in seguito all’imponente crisi che seguirà alla contrazione dei consumi (a meno che non ci salvi uno straordinario e previdente New Deal all’italiana basato sul saggio utilizzo dei fondi del Recovery Plan). Il Covid ci ha tolto anche il cenone (e dunque la spesa per i prodotti alimentari). Per il 61,6 per cento la festa di Capodanno sarà triste. Anche perché gli italiani non hanno alcuna voglia di festeggiare né per l’anno che si chiude, tanto meno per quello che si apre, su cui pesano troppe incognite. No, non andrà tutto bene a leggere il Rapporto Censis: il 44,8 per cento degli italiani è convinto che usciremo peggiori dalla pandemia (solo il 20,5 per cento crede che questa esperienza ci renderà migliori, più sobri e attenti a recuperare i veri valori della vita).

Gli italiani non sono stupidi, e sanno benissimo (lo dichiarano il 90,2 per cento degli intervistati) che l’emergenza coronavirus e il lockdown «hanno danneggiato maggiormente le persone più vulnerabili, ampliando le disuguaglianze sociali già esistenti». È l’Italia del reddito di cittadinanza e dei ricconi. Da marzo a settembre mezzo milione di persone sono scivolate nella povertà, mentre un milione e mezzo di persone (il 3 per cento degli adulti) hanno una ricchezza che supera il milione di dollari (circa 840.000 euro). Di questi, 40 sono miliardari (miliardari!) e hanno aumentato il proprio patrimonio durante la prima ondata dell’epidemia.

Qualche spiraglio, comunque, in questo quadro così fosco il Censis lo fa intravvedere. Stanno cambiando gli stili di vita, la mobilità, il modo di lavorare, con milioni di italiani incardinati nello smart working. Si usa di più la bicicletta, il monopattino, si cammina, si ricorre meno ai mezzi pubblici (per ovvie ragioni di rischio di contagio). La casa, per parafrasare una canzone in voga sulle radio, è diventata il proprio mondo. È questa l’Italia che si affaccia al 2021, nella grande speranza che il vaccino metta fine alla pandemia e faccia tornare le ruote tonde.

© RIPRODUZIONE RISERVATA