Rialzo dei tassi e calo del credito, ma le Pmi non si possono perdere

ITALIA. Secondo gli ultimi dati di luglio, comunicati dalla Bce ed elaborati dall’accreditata Banca milanese d’investimenti Jefferies, l’erogazione del credito in Europa continua a rallentare, con un calo particolarmente consistente proprio in Italia.

Nel nostro Paese, infatti, alla fine dello scorso luglio il credito bancario alle imprese ha registrato una flessione su base annua del 3,7%, seguendo il trend negativo già registrato lo scorso giugno (-2,9%). Ciò fa dell’Italia il fanalino di coda tra le maggiori economie dell’Eurozona nella graduatoria dei prestiti bancari alle imprese. Solo la Spagna ha evidenziato un calo del 2,2%, comunque inferiore al nostro. I dati medi europei indicano un calo decisamente meno accentuato, con una crescita del 2,3% trainata dalla Germania con il 5% e dalla Francia con il 4,6%.

Secondo gli analisti di Jefferies questo generalizzato fenomeno presente in Europa è stato determinato in larga parte dalla politica monetaria restrittiva dalla Bce che negli ultimi due anni, nell’intento di riportare l’inflazione entro il suo obiettivo istituzionale del 2%, ha deciso un progressivo aumento dei tassi d’interesse, dallo zero fino al 4,25%. È del 14 settembre scorso la decisione di un ulteriore aumento dei tassi al 4,50% in presenza di un andamento ancora preoccupante dell’inflazione. Dopo quest’ultima decisione della Bce restano aperti due principali interrogativi.

Il primo riguarda la linea che la stessa deciderà di adottare per i prossimi mesi. Lascerà invariati i tassi, oppure procederà a un loro ulteriore aumento? Quest’ultima ipotesi è osteggiata dai maggiori esponenti del nostro governo che, in presenza di un debito pubblico così elevato, temono che un ulteriore rallentamento dell’economia provochi un sensibile peggioramento del rapporto debito/Pil. Molte di queste critiche appaiono spesso aspre e superficiali, certo non del tutto rispettose dell’autonomia che deve essere riconosciuta ad ogni Banca Centrale. Molti analisti prevedono comunque che la Bce non si farà troppo condizionare dai dati dell’economia e che le sue decisioni saranno principalmente determinate dall’andamento dell’inflazione come avvenuto fin ad ora. Il secondo interrogativo riguarda in particolare l’Italia e le ragioni del suo marcato divario nell’erogazione dei crediti alle imprese rispetto alle principali economie di Francia e Germania. Tale divario non trova spiegazione nell’andamento del Pil, che negli ultimi mesi risulta più sostenuto in Italia rispetto a Francia e Germania. La maggior parte degli addetti ai lavori attribuisce questa nostra anomalia principalmente a ragioni tecniche collegate alle nuove regolamentazioni internazionali ed europee che riguardano le banche. Rispetto a Francia e Germania, il nostro Paese è certamente quello in cui l’economia è più fortemente caratterizzata dalla presenza di piccole e medie imprese che rappresentano circa il 90% del totale. Queste, pur avendo migliorato negli ultimi dieci anni la propria capitalizzazione, sono ancora in gran parte sottocapitalizzate e comprese nelle classi di «rating» più basse. Ciò comporta che le grandi banche, proprio alla luce delle nuove regole, siano portate a minimizzare l’assorbimento di capitale collegato alle imprese a basso rating. Gran parte di queste imprese è stata inoltre all’origine negli ultimi vent’anni di una massa consistente di crediti inesigibili, le cosiddette sofferenze, che hanno inciso pesantemente sui livelli di patrimonializzazione. Nonostante ciò, sono proprio le stesse grandi banche a rendersi conto del pericolo di perdere il collegamento con una fascia di clientela di grande rilievo sul piano economico che rischia di restare priva dell’indispensabile sostegno creditizio. Per questa ragione alcune di loro si stanno facendo promotrici di un’azione capillare a sostegno delle piccole imprese attraverso strumenti di credito alternativi come i «fondi di debito», che offrono opportunità di debito flessibili e adattabili in relazione alle esigenze delle singole società.

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