Salatissimo Covid
abbiamo già dato

In attesa del «rimbalzo» auspicato dal ministro dell’Economia Gualtieri – ottimista per natura e per il ruolo che gli è stato assegnato - proviamo per un attimo a guardare in faccia la realtà dell’Azienda Italia, decisamente ammaccata e malandata. Ieri sono usciti gli ultimi dati macroeconomici sul nostro Paese offerti dall’Istat. Nel secondo trimestre del 2020 il Prodotto interno lordo è diminuito del 12,8 per cento rispetto al trimestre precedente e del 17,7 per cento nei confronti del secondo trimestre del 2019. Il Pil italiano non aveva mai registrato un calo così consistente dal 1995, quando al governo sedeva Lamberto Dini. L’Istat fa notare «la portata eccezionale della diminuzione del Pil nel secondo trimestre per gli effetti economici dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate». Vale a dire Covid e quarantena. A trascinare la caduta del Pil è stata soprattutto la domanda interna. La spesa delle famiglie ha registrato una diminuzione in termini congiunturali del 12,4 per cento.

Dunque ora sappiamo con molta chiarezza quanto ci costa un lockdown, unica arma capace di frenare la diffusione di una pandemia da Covid-19, soprattutto quando i casi di contagio e di ricovero eccedono la capacità di risposta del sistema sanitario.

Se il Paese tornasse a chiudersi in casa gli effetti sarebbero devastanti: sarebbe il colpo di grazia per un’economia che era già malandata prima della pandemia a causa dei suoi problemi congiunturali, strutturali ed endemici.

Lotta al coronavirus e ripresa economica, insomma, camminano di pari passo. Nessuno può illudersi che continuando a lavorare senza prendere le opportune precauzioni si possa superare la crisi. Al contrario, prima ci sbarazziamo di questo male e prima torneremo a produrre a pieno ritmo. Gli economisti parlerebbero di un «combinato disposto» tra lotta al Covid e ripresa economica. La protezione e la sconfitta del virus del virus conviene non solo dal punto di vista sanitario e umano, ma anche economico. Quegli Stati che non hanno preso misure adeguate proprio per non danneggiare l’economia (Inghilterra, Stati Uniti, Brasile tanto per citarne i principali) si sono ritrovati con più vittime e con un apparato produttivo in ginocchio.

Sulle pagine del «Corriere della Sera» il virologo Andrea Crisanti ha spiegato con la sua consueta chiarezza scientifica che se i casi continuano con questo trend finiremo nel giro di poche settimane come la Francia e la Spagna, che stanno vivendo con terribili conseguenze (umane e commerciali) un vero e proprio ritorno della pandemia. Nei prossimi giorni ci attende una sfida cruciale, con la ripresa delle scuole, dopo mesi di quarantena degli studenti e degli insegnanti e di gran parte delle attività lavorative (anche se è presumibile pensare che milioni di dipendenti rimarranno in smart working). Nel corso di quest’estate il pericolo maggiore è arrivato dai giovani, per la loro naturale tendenza a frequentare movide, luoghi affollati e discoteche. Ora il pericolo arriva dal ritorno a scuola e dalla ripresa lavorativa. Dunque è necessario non abbassare la guardia. L’azione dovrebbe essere duplice: individuale e di sistema. Nel prima caso è necessario continuare a portare la mascherina e mettere in atto le «buone pratiche» di protezione. Nel secondo bisogna aumentare i tamponi (Crisanti suggerisce di quadruplicarli) per individuare gli asintomatici, gli «untori inconsapevoli». Solo così – in attesa del vaccino - eviteremo la temuta «seconda ondata».

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