Sanità, riforma
e i soldi della Ue
Ma lo dovrà fare - è bene chiarirlo subito - al netto dell’inutile retorica politica e della pericolosa deriva giustizialista, che - insieme - non hanno fatto altro che destabilizzare in continuazione un equilibrio sociale già estremamente precario, occupandosi più di fomentare il populismo che a condividere possibili percorsi di ripartenza, in un momento in cui proprio la Politica - ma quella vera e scritta in maiuscolo – aveva l’obbligo morale di tenere unito il Paese in un frangente così drammatico. Uno dei cardini fondamentali attorno a cui ancorare la riforma della riforma (sarebbe bastato mettere mano con maggior lucidità al «modello Formigoni» per avere un risultato largamente migliore) è certamente quello della medicina di territorio, oggettivamente carente, anche se non poche delle accuse lanciate al sistema nella scorsa primavera erano solo il frutto di un’insulsa polemica politica unita ad una scarsa conoscenza dell’organizzazione sanitaria.
È stata una buona idea quella di affidare agli ospedali, dalla sera alla mattina, l’organizzazione e la gestione dei servizi sul territorio ben sapendo che, per tradizione e formazione, l’ospedaliero non ha una visione così ampia e articolata sulla realtà territoriale? Stando alle difficoltà emerse, la risposta propende per il «no», come peraltro messo nero su bianco dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali nelle sue 73 pagine di analisi della legge 23/2015. Emerge una frammentazione dell’impianto di governance che porta ad una risposta non coordinata ai bisogni della popolazione, una disomogeneità della qualità dell’offerta sul territorio, una certa inappropriatezza nel percorso di presa in carico dei pazienti (soprattutto di quelli più fragili), un non pienamente efficace coordinamento tra Ats e aziende ospedaliere, soprattutto nell’ambito dei distretti, tradizionalmente chiamati a far sintesi tra i bisogni di salute della popolazione e l’offerta dei servizi, ma in difficoltà per la separazione di ruoli: compiti di governo e di programmazione affidati alle Ats, erogazione delle prestazioni distrettuali in carico alle aziende ospedaliere e ai soggetti erogatori. Una separazione che si riflette negativamente anche sul fronte della prevenzione, assolutamente strategica ma finita con l’indebolirsi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA