Tempo, il valore
e l’alleanza

Il tempo non esiste, ma la vita è una sola. Per la fisica teorica, che studia le strutture generali del mondo, il tempo non esiste come grandezza fisica in sé. Infatti non è separabile dalla percezione che abbiamo della nostra esistenza personale. Senza di noi il tempo non esiste e il suo passaggio appare inesorabile. Quotidianamente sperimentiamo che le nostre azioni sono decisive, perché le scelte che prendiamo, anche quelle che rinviamo, lasciano un segno indelebile nella nostra storia. Talvolta alcune decisioni appaiono reversibili; eppure non si ripropongono mai allo stesso modo e alle stesse condizioni.

Nella consapevolezza che la vita è una sola la meditazione sul tempo può ingenerare tristezza e malinconia. Pascal osservava che siamo freneticamente alla ricerca di occasioni di divertimento, di distrazioni che ci sollevino dall’angustia di riflettere sul consumarsi di quel tempo che rende la vita di ciascuno di noi unica. Anche il carpe diem, l’affrettarsi a godere del momento che passa e poi «sarà quel che sarà», può essere uno stratagemma per alleviare la preoccupazione di un passato che dilegua e di un futuro che non si può tenere in pugno. La morte ci accompagna ben prima del termine della vita, come esperienza dell’essere sottratti a noi stessi.

Le filosofie e le religioni osano pronunciarsi sul significato ultimo dei desideri e delle speranze che animano le nostre biografie e costellano i legami che intrecciamo nel cammino dell’esistenza. Per qualcuno le vicende personali sono soltanto increspature di un flusso impersonale che ci sovrasta: è la natura ad avere la meglio sulle passioni che ci vedono protagonisti. Per altri la vita è proprio un’avventura beffarda, perché ci concede l’illusione di costruire legami profondi e storie importanti, destinati comunque all’oblio. C’è persino chi specula sulla paura del tempo che passa, congelando il presente e prospettando un prolungamento indefinito. Eppure, anche in questa ipotesi fantascientifica si ripropone la domanda: che cosa dà valore al tempo? Per abbozzare una risposta si può seguire una traccia, posta all’origine della nostra esistenza. Sin da quando apriamo gli occhi sul mondo, il senso della storia che comincia è sperimentato come buono e promettente soltanto se ci sentiamo accolti e voluti da legami che ci custodiscono. Tutto ciò che nel corso della vita ci viene incontro con i tratti di questa benevolenza ci fa sentire vivi e riempie di significato anche i giorni faticosi. Pensiamo a quanto sia preziosa l’amicizia e penosa la solitudine. Non è un caso che, a seconda che viviamo l’una o l’altra, la nostra percezione del tempo si modifichi. Nell’amore sembra volare, nella desolazione si appesantisce. Al di fuori di un’alleanza non è possibile trovare un senso buono all’esistenza. Vale non soltanto per il suo inizio, ma anche quando sta per spegnersi. Con la delicatezza che gli è propria, Gesù di Nazareth non ha mascherato la commozione di fronte al corteo funebre del figlio unico di una madre rimasta vedova, e non si è vergognato di piangere di fronte al sepolcro di un amico. Gesù prende sul serio la morte, perché apprezza le gioie e le consolazioni che impreziosiscono il dramma dell’umana esistenza. Quando, tra lo stupore generale, decide di passare all’azione, riaccendendo la vita e riallacciando gli affetti, Gesù lascia addirittura balenare una formidabile speranza: Lui è capace di offrire un’alleanza più forte della morte, in grado di custodire i nostri affetti più veri e le nostre passioni più belle. Chi accoglie l’amicizia di Gesù non viene proiettato fuori dal tempo e distolto dalle sue responsabilità. Piuttosto trova incoraggiamento a porre segni di cura, anche quando non trovano riconoscimento. Possiamo confidare, infatti, che non andranno sprecati, perché costituiscono l’anticipo reale di una comunione che, per grazia, ci attende con la nostra storia.

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