Tragedia e farsa, la storia si ripete

Non è vero che la storia non si ripete mai uguale a sé stessa. Non è vero nemmeno che la prima volta mette in scena una tragedia e la seconda una farsa, come sostiene Marx. Non è vero neppure che non sia prevedibile. Ne è convinta la Meloni che si dice sicura che la storia si sia allineata sulle sue posizioni. «La storia ci ha dato ragione» – ha dichiarato trionfante. La legislatura su cui sta calando il sipario ha dimostrato anche che può avvenire persino il contrario di quello che aveva profetizzato Marx.

Non è la tragedia che è finita in farsa, ma la farsa che è finita in tragedia. La farsa. Governi con recita a soggetto; partiti prima nemici e poi alleati; la più numerosa forza politica del parlamento (il M5S) prima a testa bassa contro tutti e poi con tutti; i partiti, più o meno prima tutti contro tutti e poi tutti a braccetto, per finire, al declino della legislatura, con un «liberi tutti». Un Paese che prima si affida fiducioso all’uomo più rispettato in Europa e poi se ne disfa senza che nessuno abbia il coraggio di metterci la faccia sfiduciandolo.

Un partito (il Pd) che pure vanta antenati del calibro di Gramsci, Togliatti e Berlinguer, prima insedia un anonimo avvocato di Volturara Appula a «riferimento fortissimo dell’area progressista» e poi lo abbandona alla propria sorte, come fosse un vuoto a perdere. Un Movimento (Cinque Stelle) che, invece di insediare Draghi sul Colle più alto perché vigili sulle sorti periclitanti dell’Italia per sette anni, si batte perché da Palazzo Chigi continui il suo prezioso lavoro fino al termine della legislatura e a sei mesi dalla conclusione gli scava la fossa sotto i piedi.

Un leader (Matteo Salvini) che compie il miracolo di portare il suo partito dal 4% al 30% conquistando così il titolo di Capitano del centro-destra e poi finisce caporale al seguito della rivale Meloni. Il creatore per la prima volta nella storia d’Italia di una destra di governo (Forza Italia) che si vanta di sedere in Europa sui banchi del Partito popolare e a Roma accetta di accomodarsi compostamente tra le file dei sovranisti.La tragedia. Un Paese col secondo debito più alto del mondo che nel bel mezzo di una tempesta (pandemia, guerra, inflazione, rialzo del costo del denaro) toglie dalla plancia di comando un timoniere di lunga esperienza senza avere un sostituto minimamente alla sua altezza.

E ancora: non è vero – si diceva – che la storia non si possa ripetere due volte uguale. Ne abbiamo avuto un plateale esempio con i Cinquestelle. Non è con loro che l’antipolitica abbia fatto la sua prima apparizione in Italia. Sul finire della seconda guerra mondiale, un outsider della politica, il commediografo Gugliemo Giannini, spopolò sparando a zero contro gli Upp (gli Uomini politici professionali). Nel breve volgere di tre anni divenne la seconda forza politica nel Sud e la quarta a livello nazionale. Una volta entrato in parlamento (alla Costituente) l’Uomo qualunque alla prima chiamata importante (il voto di fiducia al governo De Gasperi) nell’autunno del 1947 si squagliò come neve al sole. Più o meno la stessa traiettoria percorsa dal M5S. La storia, dunque, si è ripetuta in questo dopoguerra due volte uguale. Mai come tragedia, ma sempre come farsa.

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