Transizione ecologica
Vantaggi e criticità

Nel marzo del 2017 un articolo della rivista «Nature» poneva in termini molto chiari il problema della transizione ecologica: «È un cambiamento che richiederà ingenti quantità di metalli e minerali. Le risorse minerarie e il cambiamento climatico sono estremamente legati, non solo perché l’attività estrattiva richiede una grande quantità di energia, ma anche perché il mondo non potrà affrontare il cambiamento climatico senza una adeguata fornitura di quelle materie prime necessarie alla produzione di tecnologie verdi». Quello di procedere verso una società ad emissioni zero è un impegno concreto già assunto da 167 Paesi con l’Accordo di Parigi del 2015, finalizzato a rallentare i cambiamenti climatici attraverso una progressiva decarbonizzazione che consenta minori emissioni di Co2 e rallenti l’incremento della temperatura del pianeta.

Da questo impegno si erano sottratti gli Usa di Trump, ma il neo presidente Biden ne ha prontamente riconfermato l’adesione. Fino ad oggi le principali criticità verso una totale transizione energetica sono state rappresentate dallo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle energie rinnovabili e dal costo degli impianti, resi economicamente sostenibili soltanto grazie all’erogazione di consistenti incentivi. Motori elettrici, pannelli fotovoltaici, marmitte catalitiche, tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Itc) dipendono dalla disponibilità di «minerali rari» come magnesio, cobalto, berillio, gallio, ed altri, di cui sfruttano le proprietà magnetiche.

Questi minerali, che sono destinati a rappresentare l’elemento centrale della nuova «rivoluzione post-industriale», per caratteristiche fisico-chimiche e collocazione geografica sono ben lungi dal poter essere considerati una risorsa universalmente accessibile e sostenibile. Tra i Paesi che per primi si sono fatti carico di questi problemi vi è la Norvegia che, oltre ad essere uno dei maggiori fornitori europei di idrocarburi, ha raggiunto grandi risultati in campo ambientale e soprattutto nella mobilità elettrica, visto che il 70% delle auto vendute ai norvegesi è dotata di batterie. Per rendere sempre più conveniente tale scelta, sta conducendo una grande campagna di esplorazione degli abissi marini che le ha già consentito d’individuare notevoli risorse di rame, cobalto, litio e zinco. La sua strategia è infatti quella di compensare con l’estrazione di questi metalli l’assottigliarsi degli introiti da idrocarburi derivanti dalla transizione energetica.

Che si tratti di una scelta vincente lo testimonia il fatto che al London Metal Exchange stanno sensibilmente salendo i prezzi del rame, necessario per rafforzare le reti elettriche, e dei metalli da «batterie» come il cobalto. La Banca Mondiale, che ha una visione ad ampio raggio sui problemi economici e ambientali del pianeta, nel suo ultimo rapporto ha segnalato il ruolo centrale che avranno in prospettiva questi metalli rari e ha sollecitato tutti i Paesi a predisporsi ad affrontare il tema con adeguate iniziative. Alcuni spunti interessanti ci vengono forniti anche dal giornalista francese Guillaume Pitron nel suo libro «La guerra dei metalli rari», edito da Luiss University Press nel 2019, nel quale tra l’altro si legge: «La dirompente ascesa della Cina è in buona parte dipesa dallo sfruttamento, spesso incondizionato delle circa 10 mila miniere presenti nel Paese per l’estrazione dei metalli rari, con costi ambientali e sanitari spaventosi. Questo poiché il processo di raffinazione di tali metalli richiede l’utilizzo di sostanze chimiche, reagenti e ingenti quantità d’acqua, con conseguente inquinamento del suolo, dei corsi d’acqua e dell’atmosfera circostante».

Come ogni rivoluzione degna di tale nome, anche quella «green tech» presenta vantaggi e criticità. Ne è ben consapevole Ursula von der Leyen, la quale ha annunciato che crescerà l’impegno dell’Europa nel perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione e, al contempo, seguendo l’esperienza norvegese ha già finanziato studi su nuove tecniche di estrazione subacquea di materiali rari. Non mancherà di certo anche l’impegno del nostro Paese, che potrà avvalersi della specifica esperienza ed elevata professionalità del neo ministro per l’Ambiente e la Transizione ecologica Roberto Cingolani.

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