Una terra ferita
che riparte dal fare

Qualche tempo fa, forse durante l’ultima presidenza Formigoni, in un dibattito al Pirellone di fronte all’ennesima ostentazione delle eccellenze lombarde, un collega d’origini napoletane se n’era uscito con uno strepitoso «ma che, voi non avete qualcosa di semplicemente bello e basta? No, tutte eccellenze qui...» quasi alla Troisi. Ecco, tra molte luci e qualche ombra, la Lombardia per anni è stata la locomotiva del Paese, la sua punta più avanzata, quella più europea: ora deve essere alla testa della ripartenza.

Per un tragico paradosso siamo stati la regione più colpita dal Covid e ora dobbiamo invece essere quella più pronta a rialzarsi e ricominciare, facendo forza sulle nostre eccellenze (appunto...) e tesoro degli errori. Che ci sono stati, magari non sempre per colpa, ma non vanno comunque ripetuti. La nostra vocazione è fare, produrre, per questo i 3,5 miliardi di investimenti che la Regione ha previsto da qui al 2023 per i territori travolti dall’emergenza Covid sono una boccata d’ossigeno e benzina nel motore. Sono lavoro, sviluppo, progetti e visioni, «risorse certe per ricominciare» come le ha definite il presidente Attilio Fontana ieri a Bergamo incontrando amministratori ed esponenti del mondo economico ed associativo.

Fondi che funzionano da volano: i 3,5 miliardi d’investimento produrranno opere per 5,5. Nella Bergamasca arriveranno nei prossimi anni 310 milioni di euro, una somma davvero importante nell’attesa che si definisca meglio il quadro, e soprattutto le modalità operative di ripartizione, dei miliardi del recovery fund.

Cifre comunque importanti che esigono un salto di qualità anche nella progettualità e soprattutto nell’idea di territorio. C’è da fare e tanto, ma soprattutto c’è da fare bene: la ripartizione dei fondi indica precise linee d’attuazione che vanno dalle infrastrutture alla manutenzione passando per la messa in sicurezza del territorio, la formazione e l’innovazione. Pane per i denti di una terra che ha tanta voglia di ripartire.

Basterà a scacciare via l’ombra di un nuovo lockdown, di altri morti, del suono lancinante delle sirene delle ambulanze, di quell’immagine dei camion militari che lasciano Bergamo con le bare dei nostri fratelli e sorelle e che passerà purtroppo alla storia? Purtroppo no, quella che ci attende è la spasmodica ricerca di una nuova normalità, di un modo di convivere con un virus subdolo e la certezza che nulla sarà come prima. Ma che molto può ricominciare, con nuove regole, più attenzione e fiducia.

Questi 310 milioni non sono solo opere attese da tempo ma un’occasione per orientare le priorità anche (o proprio) alla luce dei mesi tragici che abbiamo vissuto e dei tempi incerti che necessariamente stiamo vivendo. Temi come lo sviluppo sostenibile, l’efficientamento energetico e l’infrastrutturazione digitale sono ancora più centrali in questi giorni difficili, alla pari di strade (o autostrade) che il territorio attende da tanti anni. Gli stanziamenti per l’Università, i fondi per la nuova linea del tram, i treni per l’aeroporto (sperando che il settore non rimanga a terra troppo a lungo), i percorsi ciclopedonali e il completamento di diverse varianti locali sono una prima risposta alla necessità di tornare a muoversi e a guardare al futuro con un minimo di ottimismo.

Certo, ci sono problemi che restano lì sul tappeto e temi da discutere (pensiamo al collegamento autostradale con la Bassa) a fondo, una sanità attesa da mesi complessi, domande che attendono ancora risposte, inchieste aperte e ferite da curare. Ma mai come in questi momenti serve ricominciare da qualcosa e i lombardi sanno da dove: dal fare. Meglio.

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