Uno svarione costoso
La lezione da imparare

Scusate ma noi non eravamo la Lombardia? Sì, la Lombardia, la regione più efficiente d’Italia, il volano dell’economia, la terra dell’industria e dell’intrapresa, delle nuove tecnologie, delle grandi università, della ricerca e dello sviluppo, del Pil che rivaleggia con quello della Baviera? Non eravamo la patria del commercio, della sanità all’avanguardia, dei centri di specializzazione della salute che competono con la Francia e gli Stati Uniti, della chirurgia a cuore aperto, della precisione cronometrica e della puntualità proverbiale? Non eravamo l’Europa vista dall’Italia e l’Italia vista dall’Europa? E allora com’è che ultimamente inanelliamo uno svarione dopo l’altro? Dobbiamo ancora riprenderci dal fatto che l’assessore al Welfare e alla Salute aveva ammesso candidamente che le vaccinazioni erano in ritardo perché dovevamo attendere il rientro dei medici dalle ferie natalizie.

Poi dal Palazzo della Regione è partita la richiesta al commissario nazionale Arcuri di ottenere più dosi in base al fatto che avevamo il Prodotto interno lordo più alto d’Italia (anche se poi l’affermazione è stata smentita e rettificata, prendiamone atto, ma intanto ci siamo fatti ridere dietro dal resto d’Italia). E adesso questa storia della zona rossa sulla base di comunicazioni sbagliate, che suona così grottesca vista la situazione che stiamo attraversando. In pratica la Lombardia sarebbe finita nella fascia più a rischio sulla base dei dati sbagliati che la Regione stessa ha inviato alla cabina di regia del governo la settimana scorsa e che nelle ultime ore avrebbe rettificato. La catena degli eventi è semplice: l’Istituto superiore di Sanità chiede i numeri del contagio a tutti governatori del Paese per stabilire il colore delle zone e i relativi protocolli. La Lombardia glieli fornisce e il governo agisce di conseguenza sulla base dei parametri, visto che le cifre, in particolare l’Rt, l’indice di contagio, sono ancora troppo critiche.

Dunque zona rossa, con tutte le restrizioni annesse. Milioni e milioni di euro che vanno in fumo per il commercio, la vendita al dettaglio, i servizi. Il governatore Attilio Fontana e il neo assessore al Welfare Letizia Moratti si lamentano, affermando a gran voce che siamo stati ingiustamente penalizzati perché la situazione non è così sfavorevole. Ci si straccia le vesti per giorni. Per poi scoprire che abbiamo sbagliato a fornire i dati perché non avevamo letto i criteri con cui andavano presi. Però poi abbiamo rettificato. Errata corrige. La valutazione lombarda non avrebbe tenuto conto di una novità introdotta con la circolare del ministero della Salute del 12 ottobre, quella che ha stabilito che un paziente può essere dichiarato guarito anche con un solo tampone molecolare e non più con due. Poi se ne sono accorti. Alleluia.

Con una nota nella giornata di ieri la Regione aveva fatto sapere di aver inviato una serie di «dati aggiuntivi» per «ampliare e rafforzare i dati standard trasmessi nella settimana precedente». In base all’ultimo monitoraggio, la Lombardia ha un Rt medio a 0,82 (0,78-0,87). Secondo quanto si apprende ora la rettifica dei dati fatta potrebbe portare al tanto atteso passaggio di fascia arancione, insieme alla Sardegna, che è una boccata d’ossigeno per tanti esercizi commerciali e per la rete dei servizi.

Ma l’interrogativo resta: può l’ufficio di monitoraggio di una Regione come la Lombardia, in frangenti così drammatici, fare svarioni così macroscopici e non sapere nemmeno come si prende un Rt? Speriamo solo che apprendano la lezione e che sia uno stimolo per acquisire maggiore efficienza. Quell’efficienza che giustamente viene definita «lombarda» per antonomasia.

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