Vaccino dalla Russia
Pressing e necessità

La corsa ai vaccini sta diventando sempre più uno scontro geopolitico oltre che economico, una questione su cui regolare conti rimasti in sospeso. Da una parte vi sono prodotti russi e cinesi, dall’altra quelli occidentali. Il problema centrale è uno solo: nessuno, per ora, è in grado di produrre le quantità indispensabili per mettere in sicurezza l’umanità nonostante i tanti contratti - restati per lo più segreti - firmati dalle multinazionali farmaceutiche. Se siamo in 7 miliardi servono 14 miliardi di dosi totali. In Unione europea un miliardo, negli Stati Uniti 700 milioni. Questo vale per il primo giro di vaccinazioni, non sapendo - poiché mancano studi appropriati - se saranno necessari in futuro richiami ogni sei mesi o un anno.

Altra informazione cruciale: se si parte da zero, pur avendo impianti adatti, per produrre qualsiasi vaccino ci vogliono 4-6 mesi di preparazione.

I Paesi più ricchi, che pagano meglio, hanno la precedenza da parte delle Big Pharms. Da qui l’appello di Papa Francesco a non dimenticarsi dei più poveri. Sono soprattutto loro che sentiranno in futuro il peso di questo scontro geopolitico. Avere a disposizione il vaccino comporterà anche la possibile cessione di una quota di sovranità. Nel nostro mondo iperconnesso la lotta per pubblicizzare meglio il proprio prodotto e denigrare quello concorrente non conosce confini. Falsi miti e credenze popolari sono alimentati nelle maniere più sofisticate, ma anche banali, come vignette satiriche rilanciate sui social media e dalle messaggerie. Splendida una con un collage di foto insieme di un body-builder per il prodotto più conosciuto, di uno sportivo per quello considerato buono, di un ingrassato 50enne per uno meno competitivo e di un alcolizzato col colbacco per lo sfidante dall’Est.

Potrà dare fastidio a qualcuno, ma lo Sputnik è accreditato di un ottimo pedigree da parte del mondo scientifico. La ragione è che gli scienziati russi - perlomeno quelli che sono riusciti a resistere in patria, malgrado gli stipendi da fame pagati negli ultimi tre decenni - sono partiti nelle loro ricerche prima dei colleghi stranieri anche perché si sono basati su studi fatti in precedenza. La cosa che, però, dà fastidio è l’uso politico e propagandistico che se ne fa dello Sputnik. Mosca lo sta offrendo a destra e a manca, grazie anche al prezzo competitivo: 46 Paesi l’hanno approvato e decine lo stanno iniziando a produrre su licenza. Ciò che sorprende gli stranieri è che manco i russi sono in grado di avere quanto serve per casa loro. Ecco perché si sta pensando a Mosca allo Sputnik light, ossia una dose sola. Per vaccinare in dicembre uno dei primi gruppi di personale sanitario della capitale si è dovuto aspettare l’arrivo di una partita dalla Corea del Sud. Durante gli anni putiniani l’industria farmaceutica è caduta a pezzi. In ultimo, ben il 62% dei russi, secondo un sondaggio, non si fida dello Sputnik e solo una esigua porzione di popolazione si è già vaccinata.

L’annuncio della produzione in Italia è giunto inaspettato. Mosca è isolata in Occidente e sta usando i canali dei suoi tradizionali «alleati». Dopo che l’ungherese Orban ha reclamizzato lo Sputnik, salvo farsi poi inoculare un vaccino cinese, pare che il fronte sovranista abbia trovato da noi una breccia per mostrare le incapacità della Commissione europea, accusata di aver gestito male i rapporti con le Big Pharms. Infine: tra mesi si potranno produrre in Italia 10 milioni di dosi di Sputnik, è stato detto. Invero poco più che una goccia in un mare magno.

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