Venezia fragile
Difendiamola
Con la fragilità Venezia deve convivere da sempre. E lo ha fatto con grande intelligenza, salvaguardando la propria esistenza anche in momenti molto difficili. Negli ultimi 50 anni questa sapienza intrinseca che guidava le scelte sembra però essere drammaticamente venuta meno. Lo si era sperimentato in occasione di quella che resta l’«Acqua Granda» per antonomasia, quella del 4 novembre 1966. Allora si era capito che le cause erano connesse anche con la costruzione di Porto Marghera: per realizzare la zona industriale si era bonificata parte della Laguna, eliminando le «barene», isolotti che sporgendo appena dall’acqua limitano l’impatto delle maree sul livello dell’acqua funzionando da vaso di espansione e moderando l’azione del moto ondoso. In quegli anni si scavava anche il cosiddetto «Canale dei Petroli» che dalla porta di Malamocco permetteva a navi di grandi stazza di raggiungere la raffineria. Una decisione che ha ingrandito considerevolmente la sezione della bocca di porto aumentando di conseguenza la quantità di acqua che entra in laguna. A detta del Consorzio Venezia Nuova, a cui fa capo la costruzione del Mose, quel canale è all’origine dei tanti problemi che Venezia oggi sta vivendo.
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