«Grazie a Ingmar e Bruno: con il loro aiuto sono rinata»

LA STORIA. Pubblichiamo il racconto di Erica Villa, una giovane di Treviolo. «Essere riuscita a ottenere quello che la gente non si aspettava da me»: è questo il suo motto sui social. È autrice, scrittrice e anche attrice.

Mi chiamo Erica e sono una ragazza disabile, affetta da una patologia che mi impedisce l’utilizzo degli arti inferiori e per questo motivo la mia vita riabilitativa ha avuto inizio al compimento di un anno. Tramite una conoscente ho saputo di un centro a Serina e a maggio 2019 ho conosciuto Ingmar Cavagna, il quale mi ha spiegato nei minimi particolari quello che sarebbe stato il mio percorso riabilitativo da fare nel momento in cui avessi deciso di frequentare la palestra dove lavorava. Il 2021 per quanto riguarda la mia salute è stato il mio anno di rinascita. Dal 4 ottobre 2021 sono diventata una nuova persona. Finalmente gente competente come Ingmar, chinesiologo osteopata, e suo papà Bruno Cavagna, medico di Serina, hanno preso a cuore la mia patologia e hanno dato inizio a una vera e propria riabilitazione.

Con Ingmar ho iniziato il percorso provando con un training per la deambulazione e verticalità tramite progressione facilitata con lavori di coordinazione del passo, prima con due mani poi con una. Una volta metabolizzati questi esercizi, ho iniziato con gli squat, e Ingmar non mi ha mai lasciata sola. Per tagliare un altro traguardo, Ingmar mi ha fatto prendere confidenza con il carrellino: per farmi superare la paura ha addirittura provato a farmi stare in piedi con le racchette. Ma nulla da fare, contorcevo le gambe fino a diventare un gomitolo di lana. Tutto questo era contornato da battute o frasi divertenti, e c’erano le mie risate a non finire. Grazie al modo di fare di Ingmar sono riuscita a prendere più sicurezza con il mio corpo e ad affrontare la paura. Inoltre ogni quindici giorni, chi veniva a trovarmi? Il dottor Bruno Cavagna, il quale non esitava mai a chiedermi: «Ciao roccia, come stai?». Un vero medico si comporta così!

Mi ricordo come se fosse adesso quel pomeriggio in cui Ingmar mi guardò e mi disse: «Vieni con me, fanciulla!». Poco dopo mi ritrovo all’aria aperta, mi blocca la sedia a rotelle, poi mi aiuta a togliere le scarpe, mi recupera i quadripodi e mi fa provare l’ebbrezza dell’erba sotto i piedi. A un tratto mi dice: «Vieni verso di me!»; e invece di obbedire, cosa succede? Le mie gambe cedono e io faccio un capitombolo con le mani ancora aggrappate ai quadripodi. Quante risate! Venti giorni dopo, al termine di una camminata di mezz’oretta, Ingmar mi chiede: «Facciamo un po’ di squat insieme?». Senza esitare, rispondo: «Certo!».

La sua procedura mi metteva a mio agio, perché l’autonomia me la faceva prendere gradatamente, ma sempre e comunque con un occhio vigile alla mia postura. Mentre Ingmar mi chiede di procedere con l’esercizio in autonomia, si allontana e va a prendere una corda, io lo guardo perplessa e gli dico: «A cosa serve?». Lui mi risponde: «Sorpresa!». Per un minuto ci guardiamo e ci sorridiamo, poi mi dice: «Attaccati alla corda, ti tengo io!». Nel frattempo con la coda dell’occhio vedo entrare suo papà Bruno che, appena mi vede, mi dice: «Forza campionessa!». Visto che di Ingmar mi fidavo a occhi chiusi, ho affrontato la paura e mi sono attaccata alla corda. Con fatica e senza perdere il sorriso ho eseguito tanti squat con la corda.

Questi due episodi raccontati dettagliatamente si sono aggiunti al numero di traguardi che ho ottenuto nella mia giovane vita e, se ci sono riuscita, è merito di Ingmar. Dal giorno in cui l’ho conosciuto mi sono sentita più autonoma, non vedevo e non vivevo la mia disabilità e ogni volta che ho avuto la possibilità di confrontarmi con il dottor Bruno gli confidavo questo mio pensiero. Perché è proprio vero: Ingmar, con il suo modo di fare e di essere, non mi faceva sentire la fatica durante riabilitazione. Grazie a lui ero motivata a dare il meglio di me perché ogni piccolo o grande sforzo che percepiva lo alleggeriva con battute o scherzi, e quindi il mio umore era sempre allegro.

Grazie a lui mi sento una nuova persona, senza dolori, e riesco a stare più tempo in piedi rispetto a prima. Nei suoi confronti provo un affetto incondizionato. Da quando non faccio più riabilitazione con Ingmar mi sento diversa, ho perso la voglia di continuare, da quattro mesi a questa parte mi sento spaesata. Che dire, grazie al dottor Bruno Cavagna e a Ingmar per avermi dato l’opportunità di vivere una nuova vita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA