Da causa di bullismo a segno di resilienza, le cicatrici diventano musica del cuore

LA STORIA. Giorgia Testa, cardiopatica sin dalla nascita, ha creato un’associazione per una nuova narrazione della malattia.

«Credo nella magia, quella vera, quella che ogni giorno si manifesta nella nostra quotidianità. Credo nella vita. Credo nell’amore». Giorgia Testa, 27 anni, è nata a Bergamo e vive in provincia di Varese. Convive con una cardiopatia congenita, e seguendo il ritmo del suo cuore - non sempre regolare - ha trovato una melodia unica, con l’energia necessaria per raggiungere traguardi inaspettati. Nonostante la malattia, gli interventi, i limiti imposti dai medici, non ha rinunciato a inseguire i suoi sogni, diventando «campionessa di resilienza», come racconta nella sua biografia «Dietro le mie cicatrici» (Europa edizioni).

Problemi già in gravidanza

È partita per New York per diplomarsi alla «American Musical and Dramatic Academy» e oggi lavora nel mondo dello spettacolo. Ha fondato nel 2022 l’associazione «La Musica del Cuore» (www.lamusicadelcuore.it), per intraprendere azioni di educazione, sensibilizzazione e inclusione attraverso la musica e aiutare i bambini con cardiopatia, conduce laboratori di sensibilizzazione nelle scuole e raccoglie fondi per sostenere la cardiochirurgia pediatrica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

«Mia madre ha scoperto che avevo problemi di salute negli ultimi mesi di gravidanza - racconta -. La mia malattia si chiama atresia polmonare a setto intatto, a quei tempi non era molto conosciuta e arrivavano a Bergamo specialisti anche dall’estero per studiarla. Al momento della nascita avevo il ventricolo destro atrofizzato e la valvola tricuspide che non funzionava. Ho subito il primo intervento chirurgico tre giorni dopo la nascita, e altri due prima di compiere un anno e mezzo. L’ultima volta che sono entrata in sala operatoria è stato a 11 anni, sempre agli Ospedali Riuniti».

Sport senza agonismo

Giorgia si sente fortunata: «Sono sempre stata in grado di gestire il mio corpo nonostante i limiti imposti dai medici. Non posso cimentarmi in discipline sportive a livello agonistico, né fare sforzi, fino ai 15 anni non mi hanno permesso neppure di portare lo zaino scolastico sulle spalle». Nonostante questo Giorgia si è sempre impegnata con determinazione per superare gli ostacoli: «Ho comunque seguito corsi di ginnastica artistica e di altre discipline, perché i miei genitori non hanno voluto farmi crescere sotto una campana di vetro e hanno sempre cercato di offrirmi l’occasione per vivere come gli altri bambini. Fortunatamente abbiamo incontrato ambienti e persone accoglienti, che ci hanno dato fiducia. A volte mi è pesato non poter fare di più, non poter partecipare alle gare, ma ho avuto la possibilità di giocare con altri bambini e in questo non ho subito discriminazioni».

La gestione della diversità

Giorgia ha sempre dovuto convivere con la sua fragilità, che l’ha accompagnata nelle diverse fasi della crescita, e non è stato sempre facile: «Quando ero piccola le mie cicatrici non mi creavano problemi. Crescendo, però, mi sono accorta che esse condizionavano l’atteggiamento degli altri nei miei confronti, e mi è capitato talvolta di subire episodi di bullismo esplicito. Mi è successo perfino che durante una vacanza al mare alcuni genitori allontanassero i figli da me temendo che potessi avere una malattia contagiosa. Ho capito nel modo peggiore che la diversità può influenzare in modo notevole le relazioni sociali, e che l’ignoranza può suscitare paura e disgusto. Alle elementari alcuni miei compagni mi prendevano in giro, affibbiandomi soprannomi sgradevoli».

La nascita dell’associazione

Così Giorgia ha iniziato a nascondere le sue cicatrici: «All’improvviso non mi sentivo più di mostrarle con naturalezza, le consideravo un problema. Da questa esperienza così dolorosa è nata l’idea di fondare l’associazione “La musica del cuore”, per aiutare i bambini cardiopatici nel periodo post-operatorio ad affrontare problemi simili e stimolarli a recuperare gioia e speranza nella vita di tutti i giorni. In ospedale i pazienti sono tutti uguali, ma dopo le dimissioni ognuno si trova disarmato ad affrontare l’impatto con la realtà».

Le cicatrici possono essere «normalizzate» e perfino trasformate in segni distintivi da mostrare con orgoglio: «Cambiare il clima culturale intorno alle cicatrici è diventata una vera e propria missione, lo faccio attraverso scatti fotografici e video, racconto le storie che si nascondono dietro le cicatrici delle persone, a partire dalla mia, perché educando e costruendo narrazioni coinvolgenti si può creare una sensibilità maggiore. Promuovo incontri e laboratori nelle scuole per lavorare con i bambini sull’empatia e l’accettazione delle differenze fra Varese, Milano e Bergamo dove l’associazione in questo momento è impegnata a raccogliere fondi per sostenere la cardiochirurgia pediatrica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII».

C’è un incontro speciale che ha segnato una svolta nella vita di Giorgia, avvenuto proprio in ospedale: «Durante il ricovero per l’ultimo intervento - spiega - ho conosciuto Leonardo, un ragazzo con una malattia molto rara al quale ho deciso di dedicare l’attività della mia associazione. Aveva la mia età, era lì da sei mesi, l’intervento ai quali i medici l’avevano sottoposto era stato eseguito solo su altre tre persone prima di lui. Siamo diventati amici e lui non mi ha fatto mai sentire sbagliata o diversa, anzi, mi ha spinto a riflettere sul significato e l’importanza che avevano le nostre cicatrici».

Quando ha iniziato a frequentare le scuole superiori Giorgia si sentiva ormai pronta ad accettare il suo corpo così com’era: «Nessun compagno di scuola mi ha più rivolto domande o commenti indiscreti, da lì in avanti ho potuto scegliere liberamente a chi raccontare la mia storia. Così ho recuperato gradualmente il controllo su me stessa, e ho iniziato a considerare in modo diverso le mie cicatrici. Purtroppo Leonardo è venuto a mancare quando avevo 15 anni. È stato un grande dolore, un lutto difficile da rielaborare. Anche questo mi ha spinto a scavare in me stessa, a trasformare le mie ferite in punti di forza, perché erano parte di me, mi ricordavano quanto dovevo essere grata per aver superato la malattia e la fragilità».

I controlli sono entrati a far parte della sua routine: «Dopo gli interventi le visite erano molto ravvicinate. Poi sono diventate un appuntamento annuale, a cui si aggiungono ogni due anni analisi più specifiche e mirate. So che dovrò continuare così per tutta la vita. È sempre stata la mia normalità, che comunque non mi ha impedito di coltivare grandi sogni. La perdita del mio amico Leonardo mi ha spinto a lavorare ancora più duramente per riuscire a realizzarli».

Anche per questo non ha esitato a partire per gli Stati Uniti per proseguire gli studi: «All’inizio avevo mille timori, perché il sistema sanitario là funziona in modo diverso e molte compagnie assicurative non coprono malattie pregresse. Con il sostegno della mia famiglia, però, siamo riusciti a trovare una soluzione, stipulando diverse polizze. Tornavo in Italia abbastanza spesso per esami e controlli, per ridurre i rischi al minimo. Mi sono accorta in quel periodo di quanto sia importante vivere in un Paese con un sistema sanitario come il nostro, che garantisce a tutti la possibilità di curarsi indipendentemente dalle disponibilità economiche».

Studiare all’estero le ha fatto sperimentare un altro tipo di «diversità»: «Non è stato facile ottenere i visti e superare le barriere linguistiche, particolarmente importanti nell’ambito del canto e della recitazione in cui mi sono cimentata. Mi sono diplomata all’American Musical and Dramatic Academy di New York, ho ottenuto diversi ingaggi e sono riuscita anche ad avviare un’azienda di produzione di spettacoli scritti, prodotti, interpretati e recitati da artisti internazionali e immigrati».

Dagli Usa il rientro in Italia

Poi, mentre si trovava in Italia e stava seguendo le pratiche per il rinnovo del visto, più complesse durante la presidenza di Trump, è scoppiata la pandemia e così Giorgia - in modo imprevisto - si è fermata per un po’ in Italia, proseguendo su diversi fronti la sua attività artistica: «Questo mi ha complicato la vita ma mi ha anche dato il tempo di rielaborare la mia storia raccogliendola in un libro autobiografico, “Dietro le mie cicatrici”, pubblicato da Europa edizioni. Dal libro ho tratto in seguito uno spettacolo, che ora sto portando in tournée tra Italia, Inghilterra e Stati Uniti».

Nello stesso periodo ha messo a punto il progetto dell’associazione «La musica del cuore»: «Mi sono sempre sentita sola nella malattia, a lungo mi sono tenuta dentro molti disagi e traumi, senza riuscire a superarli in modo adeguato, perché non sempre ai pazienti viene offerto supporto psicologico negli ospedali. Sono partita da questa mia esperienza coltivando il sogno di creare in futuro una “comunità” per le persone cardiopatiche dimesse dagli ospedali, con particolare attenzione ai bambini. Mi piacerebbe che avessero un posto dove sentirsi accolti e potersi esprimere senza essere giudicati. Ho voluto creare un legame tra questa attività benefica e la mia passione per i linguaggi artistici. Canto, scrivo canzoni, recito, curo la regia e la produzione di spettacoli: il mio diploma in musical mi ha aperto possibilità diverse, dalla musica a cinema e teatro. Ho sempre tanta voglia di esplorare la vita, mi sto concentrando su tanti progetti. Mi piace mettere i miei talenti a servizio degli altri, e dare così una mano ai bambini malati. A volte basta poco per fare la differenza: un gesto, uno sguardo, un sorriso possono trasformarsi in un dono. L’arte è ciò che nella vita mi ha aiutato a non sentirmi mai esclusa, a imparare che, come diceva il mio amico Leonardo, l’impossibile può diventare possibile».

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