Dazi, l’Ue gioca in difesa senza forza contrattuale. Il bisogno di autorevolezza

EUROPA. Il governo Meloni deve far sentire la sua voce per un’Europa dal basso che legittimi le sue istituzioni.

Trump ha alzato i dazi per l’Ue al 30% dal primo agosto. Ursula von der Leyen risponde: sconvolgente, pronte contromisure. Ma da Palazzo Chigi subito: non ha senso innescare uno scontro commerciale con gli Stati Uniti. Lo stesso fa Confindustria. Trump alza la voce per poter poi lucrare sulle paure altrui. È il destino dell’Europa presa da due fuochi, da una parte le minacce americane, dall’altra l’invasione di prodotti cinesi sul mercato europeo. Solo il giorno prima, intervistato alla Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina il Commissario europeo Valdis Dombrovskis si dichiarava ottimista per i dazi Usa. Il che dice tutto sulla condizione surreale in cui si lavora alla Commissione. La reazione europea è debole perché chi tratta per conto dell’Ue sa che dietro di sé aleggia lo spettro della disunione.

Un approccio inadeguato

È proprio l’approccio ad essere inadeguato. A Bruxelles conoscono la trattativa estenuante come soluzione dei problemi. Obiettivo: il compromesso. Una tattica che costa molta pazienza, fatica e tempo. Che però adesso non c’è più. Pandemie, due grandi guerre in atto, il collasso del sistema commerciale globale, l’ascesa del nazionalismo di destra e del populismo di sinistra hanno reso tutto precario. Decidere diventa determinante perché tutto cambia vertiginosamente e non si sa cosa può succedere. Trump si muove in quest’ottica dove l’obiettivo non è la considerazione degli interessi della controparte ma la messa fuori gioco dell’avversario. Può sopravvivere ma non deve più nuocere. È la logica della contrattazione d’affari. Vince chi è più spregiudicato e irriverente. A Bruxelles si è perso l’attimo fuggente quando in primavera la Borsa e il mondo degli affari avevano castigato la politica irruente dei dazi di Trump. Si è preferito non infierire sempre alla ricerca di un accordo che mettesse d’accordo entrambe le parti.

L’autorevolezza

Adesso il coltello per il manico l’ha Trump con una congiuntura economica favorevole, mentre Bruxelles deve giocare in difesa. Da qui l’incertezza. Un quadro normativo generico non basta . A Washington sarebbero pronti a ribaltarlo il giorno dopo. Ci vuole forza contrattuale. Ed è quella che manca. La politica percepisce la debolezza e la castiga. Bastano indizi anche al di fuori della trattativa sui dazi. A Bengasi il Commissario europeo Magnus Brunner, assieme a tre ministri di Italia, Malta e Grecia, cioè di Paesi membri dell’Unione sono stati messi alla porta dal generale Khalifa Haftar, un dittatorello libico padrone della Cirenaica. Un affronto inimmaginabile per Paesi come gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Si pensi all’odissea dei marò italiani presi in ostaggio da Nuova Dehli nel 2013 e messi in prigione per aver reagito ad un attacco di pirati nell’Oceano Indiano. Il governo indiano giunse fino al punto di impedire all’ambasciatore italiano di lasciare il Paese. La forma in politica estera è sostanza. Se si perde di autorevolezza, anche i piccoli alzano la cresta. Il rischio è che dalle coste libiche vengano messi sui gommoni migranti da sbarcare in massa sulle coste europee.

Un’Europa protagonista

Morale: l’Europa non c’è per come dovrebbe esserci. Nell’impotenza generale tutti guardano a Berlino nella speranza che la Germania assuma il ruolo che compete alla più grande economia del continente. Ma è un’illusione perché la ripresa economica richiede tempo e una Germania militarizzata non è un buon auspicio per L’Europa. Ci vorrebbe un controllo da una Commissione centrale democraticamente eletta.

Il governo Meloni deve far sentire la sua voce per un’Europa dal basso che legittimi le sue istituzioni. È l’unico presidio riconosciuto della democrazia plurale rimasto nel mondo. Se Roma ha riserve verso un’Europa unita, si faccia guidare dai suoi istinti primari. La migrazione ossessione di questo governo si combatte in solo modo: un’Europa autorevole che non si faccia sbeffeggiare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA