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Giovedì 11 Settembre 2025
Fibrillazione, nuove cure con l’«ibrida» e con il «robot»
CARDIOCHIRURGIA. Tra i sintomi più frequenti palpitazioni, affaticabilità dispnea, sincope e dolore toracico
Le aritmie cardiache rappresentano un insieme eterogeneo di alterazioni del ritmo cardiaco, che interessano tra l’1,5% e il 5% della popolazione italiana. Tra queste la fibrillazione atriale (FA) costituisce la forma più diffusa, con una prevalenza stimata di circa 610.000 pazienti in Italia. Oggi tale patologia può essere trattata, anche nelle sue forme più complesse, con approcci innovativi che combinano tecniche ibride e nuove tecnologie.
La fibrillazione atriale si manifesta quando l’attivazione elettrica degli atri è determinata dalla propagazione continua e caotica dell’impulso lungo le pareti atriali. Di conseguenza, gli atri perdono la contrazione coordinata e sviluppano un’attività irregolare, detta appunto «fibrillazione». Ne esistono tre diversi tipi: parossistica, che in genere si interrompe spontaneamente entro 7 giorni; persistente, che richiede interventi terapeutici per la sua interruzione; permanente o cronica, in cui i tentativi di ripristino del ritmo sinusale non hanno avuto successo o non vengono più considerati appropriati.
I sintomi
Tra i sintomi più frequenti troviamo palpitazioni, dispnea, affaticabilità, sincope e dolore toracico. «In alcuni pazienti selezionati, oggi le Linee Guida raccomandano di effettuare l’ablazione trans-catetere endocardica: una metodica efficace in circa il 98% dei casi nelle forme parossistiche» spiega il dottor Edoardo Celentano, professore onorario della Kennedy University (Stati Uniti) e responsabile dell’unità di Elettrofisiologia in Humanitas Gavazzeni. Nelle forme cosiddette «persistenti di lunga durata», tuttavia, l’ablazione trans catetere ha un successo molto più basso (40-60%). Il motivo è da ricercare nel fatto che l’ablazione dall’inguine è in grado di colpire solo alcune zone responsabili della comparsa di questo tipo di fibrillazione, quelle più interne, non arrivando a delle aree più esterne che contribuiscono ad aggravare la persistenza della patologia. «Per questo sempre di più oggi ricorriamo all’ablazione ibrida – prosegue Celentano - che combina l’approccio trans-catetere, diretto alle zone esterne del cuore, con un intervento chirurgico mininvasivo, eseguito con tecniche robotiche».
L’intervento
L’intervento, in particolare, prevede un approccio laterale al cuore mediante quattro accessi di un diametro che varia dagli 8 ai 12 millimetri, configurando la procedura come mininvasiva e percutanea. Il cardiochirurgo opera attraverso i bracci robotici di un sistema assistito, dotati di ottiche ad alta definizione e possibilità di movimento a 360°. I manipolatori, altamente versatili, permettono di eseguire manovre di elevata precisione, fondamentali per la corretta riuscita dell’intervento e per una ripresa post-operatoria ottimale del paziente.
Bacino di pazienti allargato
«L’utilizzo del robot – afferma il dottor Alfonso Agnino, responsabile della Cardiochirurgia robotica di Humanitas Gavazzeni – oltre a trattare cavità non altrimenti raggiungibili con l’ablazione tradizionale, ci permette di chiudere l’auricola nel corso dell’intervento, riducendo così in modo sensibile il rischio di trombo embolico ed emorragico, oltre che le recidive di fibrillazione. Questo tipo di operazione consente poi di evitare l’assunzione di farmaci anticoagulanti da parte del paziente ed è totalmente nichel free (metallo che può causare allergie nei soggetti che ne sono predisposti), permettendo di allargare di molto il bacino di pazienti che possono accedere a questa soluzione di cura». Tale approccio, chiamato hybrid convergent, unisce competenze elettrofisiologiche ed elettrochirurgiche, risolvendo la particolare patologia aritmica in oltre l’85% dei casi.
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