
L'Editoriale
Domenica 18 Maggio 2025
Intelligenza artificiale, discernere è la sfida
MONDO. «Di fronte al potenziale immenso dell’Intelligenza artificiale artificiale, è necessaria responsabilità e discernimento, perché questi strumenti producano benefici per l’intera umanità».
Con queste parole, pronunciate in occasione della sua prima udienza pubblica dedicata ai media, Papa Leone XIV ha tracciato una linea chiara: serve un’etica condivisa per orientare le tecnologie verso il bene comune. E ha aggiunto, con forza: «Questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali». È un richiamo che tocca direttamente il mondo dell’educazione, della formazione, dell’informazione e, più in generale, la coscienza collettiva. L’Intelligenza artificiale sta infatti ormai cambiando profondamente, se non l’ha già fatto, il modo in cui pensiamo, lavoriamo, prendiamo decisioni. Il suo successo sta nella velocità con cui risponde (non è questa la sede per spiegare come ciò accada) a praticamente ogni tipo di domanda che le poniamo.
Ha tratti che possono apparire inquietanti, specie se non si conoscono i meccanismi del suo funzionamento. In ogni caso, adesso fa parte, e lo farà sempre di più, della nostra vita
È uno strumento dalle potenzialità straordinarie, in particolare nella sua forma cosiddetta generativa, e per di più facilmente accessibile. Ha tratti che possono apparire inquietanti, specie se non si conoscono i meccanismi del suo funzionamento. In ogni caso, adesso fa parte, e lo farà sempre di più, della nostra vita. E allora la prima cosa da capire è questa: per quanto paradossale sembri, la novità dell’AI non consiste nelle risposte che è in grado di dare, bensì nelle nostre domande. Se prima il compito era saper trovare la soluzione giusta, oggi - con l’AI - il cuore del processo si sposta: conta soprattutto saper porre le domande giuste. È l’input che diamo a determinare la qualità dell’output. E la capacità di porre e di porsi domande adeguate è, val sempre la pena ricordarsene, la chiave del pensiero critico.
Formulare le domande
Al tempo stesso, è fondamentale ricordare che una cattiva interrogazione dell’Intelligenza artificiale può portare a risposte fuorvianti, parziali o del tutto errate. Se l’utente non formula domande adeguate, l’AI tende a confermare i preconcetti già impliciti nella richiesta, rischiando di rafforzare bias cognitivi e polarizzazioni, come già accaduto con le piattaforme social. In questi casi, una risposta imprecisa può facilmente consolidarsi come verità, entrando nel sapere comune senza adeguata consapevolezza. Questo approccio, inaugurato in Occidente da Socrate, richiama anche il concetto di «Shoshin», che nel buddismo zen indica la mente del principiante: curiosa, aperta, pronta a esplorare senza preconcetti.
Per i giovani, e non solo, tutto questo è una straordinaria opportunità formativa. Non serve sapere tutto, ma serve sapere come interrogare, come scomporre e analizzare un problema, come distinguere un’intuizione da un pregiudizio
L’Intelligenza artificiale, se ben interrogata, diventa uno stimolo a riflettere meglio, a esplorare più in profondità, a rafforzare il ragionamento prima ancora che di ricevere la risposta. Per i giovani, e non solo, tutto questo è una straordinaria opportunità formativa. Non serve sapere tutto, ma serve sapere come interrogare, come scomporre e analizzare un problema, come distinguere un’intuizione da un pregiudizio. L’Intelligenza artificiale potenzia, ma non sostituisce: esige comunque metodo, controllo, visione. Non è l’IA che deve farci paura, ma il rischio che le nuove generazioni non siano formate per gestirla, comprenderla, orientarla. Perché non basterà più sapere delle cose: sarà fondamentale saperle interpretare, confrontare, valutare. Se l’Intelligenza artificiale è generativa, anche la responsabilità dovrà esserlo: condivisa, consapevole, diffusa. E questo vale per le famiglie, per le scuole, per le istituzioni. Vale per tutti noi, perché in ogni ambito - personale, educativo, sociale - è fondamentale un approccio critico agli strumenti che oggi ci accompagnano. Come ogni altra tecnologia, anche questa va dosata con «intelligenza», come si fa con il sale in cucina: preziosa all’inizio per stimolare idee, utile alla fine per ritoccare, ma in tutto il processo è sempre il pensiero umano a dover fare la vera differenza.
Le nuove sfide
Infine, l’AI ci costringe a definire meglio le nostre sfide. Quando il problema è chiaro, il percorso diventa più rigoroso, e il risultato più efficace. Anche per questo serve formare soprattutto i giovani a porsi le domande giuste. Perché il futuro sarà sì fatto di risposte, ma solo se sapremo ancora coltivare il dubbio, capire la complessità, interrogarci sul senso delle cose. L’educazione deve quindi cambiare paradigma: da sistema fondato sull’accumulo di conoscenze a processo che, in un modo nuovo, re-insegna a pensare. In un mondo dove si può chiedere (quasi) tutto a una macchina, diventa quindi essenziale saper porre le domande, valutare le risposte, riconoscere ciò che ha valore da ciò che è solo verosimile. La vera competenza del futuro sarà la capacità di orientarsi tra le informazioni, di usare la tecnologia senza subirla, di farne un mezzo e non un fine. Molti dei concetti evocati in queste riflessioni - dal valore delle domande alla mentalità del principiante - sono già al centro del dibattito internazionale sull’Intelligenza artificiale, ma credo che oggi meritino di essere riletti alla luce dell’esperienza pubblica, educativa e istituzionale italiana, con il senso di responsabilità che ne consegue.
L’educazione deve quindi cambiare paradigma: da sistema fondato sull’accumulo di conoscenze a processo che, in un modo nuovo, re-insegna a pensare. In un mondo dove si può chiedere (quasi) tutto a una macchina, diventa quindi essenziale saper porre le domande, valutare le risposte, riconoscere ciò che ha valore da ciò che è solo verosimile
In questo scenario, educare al pensiero critico diventa quindi più urgente che mai e le parole del nuovo Pontefice ci ricordano che il compito è collettivo e proporzionato al nostro ruolo nella società: nessuno è escluso. E allora il futuro, anche quello tecnologico, continuerà ad avere bisogno di ciò che nessuna macchina potrà mai generare: la responsabilità del discernimento, la profondità della domanda, il valore umano dell’intelligenza. Come già ricordava Albert Einstein: «Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno».
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