
La Buona Domenica / Bergamo Città
Domenica 04 Maggio 2025
La felicità della donazione di midollo: «Il mio gesto ha salvato una donna»
LA STORIA. Angelo Mangili, elettricista di Bergamo, racconta la scelta, l’iter, le emozioni: dalla tipizzazione all’intervento.

«Il valore di un uomo - scrive Albert Einstein - si misura da ciò che dona». Anche un gesto semplice, accessibile a tutti, come la donazione di midollo osseo, può produrre grandi effetti, salvando la vita di una persona malata. Può perfino ampliare lo sguardo e l’orizzonte di chi dona, con un imprevedibile «effetto farfalla»: un battito d’ali che scatena una tempesta.
Angelo Mangili, elettricista che si occupa di impianti ad alta tensione, originario di Bergamo e da qualche anno residente in Valtellina, lo ha scoperto per caso, durante una donazione di sangue all’ospedale: «Mi sono iscritto all’Avis - racconta - seguendo l’esempio dei miei genitori, che lo facevano da sempre e parlando con loro mi sono reso conto che non si trattava di un impegno gravoso, occupa poche giornate all’anno, e ha ricadute molto importanti. Fra l’altro può capitare a tutti in qualche momento della vita di avere bisogno di una trasfusione, per un incidente o una malattia; perciò, donare il sangue può essere considerato anche un gesto di responsabilità, che un giorno potrebbe avere un risvolto positivo anche per chi lo compie. Così, chiacchierando con il medico che mi stava facendo il prelievo, ho pensato di chiedere informazioni anche sull’iscrizione all’Admo».

Detto fatto: nel giro di mezz’ora la sezione Admo di Bergamo era stata allertata ed era pronta ad accoglierlo per un colloquio personale. «Mi hanno spiegato come si svolge la donazione di midollo osseo - racconta Angelo - elencando anche rischi e possibili controindicazioni. Ho ascoltato con attenzione, ma in fondo ero già convinto, così ho colto l’occasione e mi sono subito iscritto. Fra l’altro mi è sembrato che la donazione di midollo sia ancora meno impegnativa rispetto a quella di sangue, perché si può fare solo una volta nella vita. Mi hanno sottoposto alla tipizzazione, cioè alle analisi di laboratorio, che permettono di identificare le caratteristiche specifiche del midollo osseo del donatore per confrontarle con quelle di un possibile ricevente, ed era il mese di marzo del 2010».
Subito la telefonata
Angelo non si aspettava di essere chiamato presto per la donazione: «Sapevo che si trattava di un caso raro, che le possibilità di compatibilità tra donatore e ricevente non consanguineo sono di uno ogni centomila, e molti, pur essendo iscritti al registro nazionale da parecchi anni, non hanno più ricevuto notizie». Per lui, però, la situazione è stata diversa: «È passato pochissimo tempo prima di ricevere una telefonata dall’ospedale, che mi annunciava una buona compatibilità con un possibile ricevente. Non mi era neppure ancora arrivata a casa la tessera dell’Admo. Al momento credevo che fosse un falso allarme. Credevo insomma che ci sarebbero stati diversi tentativi di abbinamento prima di arrivare a quello giusto, invece non è stato così».
Le visite scrupolose dei medici lo hanno rassicurato: «Mi sono reso conto che tengono davvero alla salute del donatore di midollo e se ne prendono buona cura»
È iniziata per Angelo la seconda tappa verso la donazione: «Sono stato sottoposto a una serie di controlli approfonditi, prima per accertare la fattibilità del trapianto e poi per verificare le mie condizioni di salute. Una volta scoperto che il livello di compatibilità con il ricevente era altissimo, praticamente il 100 per cento, mi hanno sottoposto a moltissimi esami: eco addome, analisi del sangue, elettrocardiogramma. Mi hanno detto che ho battuto qualche record di rapidità nell’abbinamento con il ricevente».
Ogni esame un passo in più
Ogni esame segnava un passo in più verso la donazione, e Angelo si mostrava quasi impaziente, mentre i medici lo invitavano alla cautela: «Alle visite mi ripetevano continuamente che c’erano anche dei rischi, nonostante la bassissima incidenza, inferiore all’1 per cento. A un certo punto ho avuto quasi l’impressione che volessero farmi desistere e gliel’ho anche detto. Allora mi hanno spiegato che capitano incidenti spiacevoli con i donatori: qualcuno arriva alla fine del procedimento e poi si tira indietro. Una scelta di questo tipo può avere conseguenze disastrose sul ricevente, che deve fare un ciclo pesante di terapie prima del trapianto. Nel caso in cui questo alla fine non avvenga si riducono le sue possibilità di sopravvivenza. Rinunciare a quel punto è una scelta che ha quindi conseguenze molto gravi, e io non l’avrei mai fatto, perché sentivo la responsabilità dell’impegno preso con una persona in condizioni di grande difficoltà».
Visite diventate rassicurazioni
Le visite scrupolose dei medici lo hanno rassicurato: «Mi sono reso conto che tengono davvero alla salute del donatore di midollo e se ne prendono buona cura. Mi sentivo quindi ancora più tranquillo e sicuro della strada che avevo intrapreso. L’iter complesso per arrivare alla donazione, l’attenzione a ogni dettaglio per evitare i rischi di complicazioni, tutto questo mi ha dato fiducia, oltre a mostrarmi che mi trovavo in ottime condizioni di salute».
Nella settimana precedente, Angelo doveva fare delle iniezioni di un farmaco per far crescere il livello delle cellule staminali del sangue. «I miei genitori - osserva - mi avevano invitato ad andare per qualche giorno a casa loro per affiancarmi nella preparazione, in giorni sicuramente un po’ delicati. Purtroppo, è capitato un imprevisto: mia madre durante un esame di controllo del pancreas ha scoperto di avere un mixoma al cuore. Si tratta di un tumore benigno, che però può portare a un importante rischio di infarto. È stata quindi trattenuta in ospedale per l’intervento di asportazione. Così alla fine mi sono ritrovato a prepararmi alla donazione da solo a casa dei miei genitori. Fortunatamente è andato tutto bene, sia per mia madre sia per me».

Il fattore di crescita delle cellule staminali, che Angelo ha dovuto assumere, causa frequentemente alcuni effetti collaterali: stanchezza, sonnolenza, dolori ossei e indolenzimento, come capita durante un’influenza. «Per alleviare i sintomi, i medici abitualmente prescrivono il paracetamolo. In occasione della donazione ho scoperto purtroppo di essere sensibile a questo farmaco, perciò me l’hanno fatto sospendere. Così ho avuto qualche effetto collaterale, che ho superato serenamente, pensando che questo sacrificio sarebbe stato utile a qualcuno».
La donazione è avvenuta all’ospedale di Bergamo per aferesi, una procedura che si svolge in day-hospital: «È simile a un prelievo di plasma - sottolinea Angelo - anche se un po’ più lungo e impegnativo».
La donazione per aferesi
Questo tipo di prelievo viene eseguito usando dei separatori cellulari: il sangue prelevato da un braccio, attraverso un circuito sterile, entra in una centrifuga dove la componente cellulare utile al trapianto viene isolata e raccolta in una sacca, mentre il resto viene reinfuso nel braccio opposto. «In quell’occasione sono dovuto rimanere fermo per qualche ora davanti alla tv, cosa che di solito non faccio - scherza - e ho potuto comunque contare sulla gentilezza del personale sanitario, che passava regolarmente per vedere come stavo e scambiare qualche parola. Nonostante qualche piccolo disagio mi sentivo molto soddisfatto. Terminata la donazione qualunque dolore è passato, anzi, mi sono sentito come nuovo. Mi hanno chiesto di rimanere disponibile per una eventuale seconda donazione per la stessa persona, nel caso ce ne fosse stata necessità, ma poi non sono stato più chiamato».
«Quando la gente scopre che ho donato il midollo mi pone mille domande. Lo capisco, lo avrei fatto anch’io prima di compiere questo gesto importante»
Ha sempre tenuto nel cuore un pensiero per chi aveva ricevuto il trapianto: «Mi hanno spiegato che per questioni di privacy non potevano darmi informazioni su chi avrebbe ricevuto il midollo, ho saputo solo che si trattava di una persona che risiedeva all’estero. Non ho voluto mandare messaggi, per non essere invadente, ho aspettato piuttosto che fosse eventualmente il ricevente a scrivermi. Sono passati dieci anni senza avere notizie, speravo che fosse andato tutto bene, ma non ne avevo la certezza. Poi, quando ormai non ci speravo più, l’ospedale di Bergamo mi ha chiamato per dirmi che la ricevente, una giovane donna, si è salvata e sta benissimo. Non m’importa di sapere chi sia ma avere questa informazione mi ha reso molto felice».
Le mille domande della gente
Angelo è rimasto colpito anche dall’attenzione riservata in seguito al controllo della salute del donatore: «Ci sono stati controlli regolari prima molto ravvicinati, e poi una volta all’anno. C’è la possibilità di proseguirli per dieci anni ma li ho interrotti prima, perché mi sono trasferito in Valtellina. Comunque, sono sempre stato bene, dopo la donazione ho provato solo un po’ di stanchezza e in accordo con il mio medico di base mi sono regalato un giorno di malattia».
Ha sempre parlato della sua esperienza, con la speranza di suscitare in altri il desiderio di compiere lo stesso gesto: «Quando la gente scopre che ho donato il midollo mi pone mille domande. Lo capisco, lo avrei fatto anch’io prima di compiere questo gesto importante. Molti mi chiedono se fa male, perché ci sono tanti luoghi comuni, qualcuno si fa idee sbagliate. In realtà si tratta di un procedimento piuttosto semplice e poco invasivo. Altri mi chiedono notizie del ricevente, oppure si preoccupano di sapere se la donazione preclude la possibilità di aiutare un familiare nel caso ce ne fosse bisogno: in realtà in casi come questi è previsto che si possa comunque ripetere. Mi sono sentito dall’inizio alla fine molto tranquillo e al sicuro, grazie a medici e infermieri competenti e disponibili».
Angelo è stato comunque guidato in tutto il percorso da una forte motivazione: «Ero convinto fin dall’inizio di voler donare, e per farlo sarei stato disposto anche a sopportare più fatica e dolore, perché un sacrificio si può fare per salvare una vita. Anche per questo sono contento di raccontare la mia storia e mi piacerebbe che ci fossero molti più donatori: basta poco, perché è alla portata di tutti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA